San Vigilio, grande partecipazione al solenne pontificale. Vescovo Lauro: “In questi mesi abbiamo perso giovani figli della nostra terra: non saranno rimpiazzabili”. “Dio non conosce il cartellino rosso dell’espulsione”

bookmark

Grande partecipazione al solenne pontificale in onore di San Vigilio, patrono della Diocesi di Trento e della città capoluogo, nella calda mattinata di lunedì 26 giugno. La festa religiosa è iniziata nella chiesa di santa Maria Maggiore. Guidata dall’arcivescovo Lauro si è mossa la processione con il prezioso reliquiario del patrono (ex-voto per la liberazione dalla peste nel 1630), verso la cattedrale per la s. Messa concelebrata dal vescovo emerito Bressan, dal vescovo emerito missionario Giuseppe Filippi (già alla guida della Diocesi di Kotido in Uganda) e da molti sacerdoti.

L’omelia di don Lauro: “Abbiamo perso troppi figli della nostra terra. Dio non conosce il cartellino rosso dell’espulsione”

In apertura dell’omelia, don Lauro cita Emmanuel Mounier (“Quando gli uomini smettono di sognare cattedrali, non sanno più nemmeno costruire soffitte”), per attestare quanto “il nostro oggi si alimenta spesso di narrazioni e immaginazioni deboli e negative, scontate, prive di forza generativa. Pensiamo la vita e le comunità – aggiunge l’Arcivescovo – come un fortino chiuso, dove a dettare il passo è la paura, la diffidenza, il porsi in difesa“.

“Nonostante tutte le défaillance – riconosce però don Lauro -, non c’è niente di più affascinante dell’essere umano. Un concentrato di paradossi, desideri e sogni”, segnato dal dono dell’unicità. “In questi mesi – aggiunge l’Arcivescovo uscendo dal testo ufficiale e con parole sofferte – abbiamo perso dei giovani figli della nostra terra ed essi non sono rimpiazzabili. Tutto è aggiustabile ma quando un uomo e una donna lasciano questo mondo, nessuno lo può rimpiazzare tanto è bello, originale, incredibile, assolutamente unico”.

Monsignor Tisi indica, anticipando alcuni passaggi della sua Lettera alla comunità, la “grande sfida dell’ora presente: prendersi cura della stima dell’altro, dire parole buone sulla realtà che ci circonda, coltivare parole-ponte, trasformare i nostri dialoghi in benedizione, far emergere il bene”.

Un cambio di passo che si alimenta della Parola di Dio che “apre le porte alla speranza, racconta la fede di Dio. Sì – ribadisce don Lauro – , proprio la fede ‘di’ Dio, la sua fiducia sconfinata nell’uomo, il suo credere in noi senza se e senza ma, il suo amarci incondizionato, documentato dal sangue di Cristo versato per noi. Su di noi non è mai tracciata la croce della maledizione. Dio – precisa Tisi con una plastica immagine mutuata dallo sport – non conosce il cartellino rosso dell’espulsione“. “Dio nel suo Figlio si è fatto ‘espulsione’, perché ogni uomo sapesse che c’è solo accoglienza nel cuore di Dio.  Mi verrebbe da dire – scandisce le parole l’Arcivescovo – che in questo momento è rimasto solo Dio a credere nelle potenzialità dell’uomo“. Di qui l’appello finale di don Lauro a ritrovare una “fede piccola” di chi con stupore contempla l’abbraccio di Dio” e il richiamo sommesso “con la voce di Vigilio: coraggio, immaginiamo la vita come la vede Dio, la vita dove si danza il ‘noi’, percependoci fratelli e sorelle! Questa è la fede cristiana, che può far bene anche al non-credente”.

L’olio per la lampada, la benedizione del pane e la Lettera alla comunità 

Al momento dell’offertorio, il sindaco di Trento Franco Ianeselli è salito all’altare donando all’Arcivescovo l’ampolla con l’olio per la lampada che arde davanti all’urna con le reliquie di San Vigilio. Al termine della liturgia, dopo la tradizionale benedizione del pane di San Vigilio, distribuito poi in piazza (“benedico non tanto il pane quanto i panificatori e i loro sacrifici”), monsignor Tisi ha fatto dono, come accade in occasione del patrono dall’inizio del suo episcopato, della Lettera alla comunità, quest’anno dal titolo “Lievito e sale”. In prima fila, ad accogliere il dono dell’Arcivescovo le autorità civili e militari (VEDI ARTICOLO DEDICATO ALLA LETTERA).

FOTO ZOTTA