In cattedrale la preghiera ecumenica per la pace. Vescovo Lauro: “In ogni guerra c’è anche la nostra griffe. Bonificare le relazioni, accogliere le diversità, gioire per la presenza degli altri è l’urgenza assoluta per immaginare una possibilità di pace”

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Russia e Ucraina, certo. Ma anche Messico, Nigeria, Siria. Libano, Yemen, Iraq, Etiopia (Tigrai), Birmania, Afghanistan, Pakistan, India, Sud Sudan, Congo, Somalia, Mozambico, Sael, Haiti, Colombia, Palestina e Israele, e chissà quante altre nazioni nel mondo, dove sono una sessantina le guerre accertate in corso in questo momento”.  In cattedrale a Trento la veglia per la pace, nel pomeriggio di giovedì 23 febbraio, inizia con il triste elenco dei conflitti in atto nel pianeta. “Uno degli obiettivi più significativi della preghiera di stasera – ricorda don Cristiano Bettega, delegato dell’Area Testimonianza –  è il fatto di non abituarsi a sentire parlare di guerra”.

Un momento di preghiera “semplice e intenso” quello guidato dal vescovo Lauro, accanto al vescovo emerito Bressan e ai rappresentanti di altre chiese cristiane presenti in trentino, a cominciare dalla comunità greco-cattolica ucraina guidata da padre Augustin Babiak.

Nella preghiera iniziale – significativa la scelta della cappella del Crocifisso del Concilio – la constatazione del vescovo: “Abbiamo sulle mani il sangue di tante guerre e facciamo fatica a darci fraternamente la mano. Abbiamo prodotto armi vendendole ai popoli poveri. Siamo diventati indifferenti alle guerre che si combattono ogni giorno nel mondo, al punto che spesso non ce le ricordiamo più”.

La riflessione di don Lauro 

Nella riflessione al cuore della veglia, don Lauro rammenta la smemoratezza dell’Europa, convinta che dopo i due conflitti mondiali “la guerra non avrebbe più riguardato il nostro continente” e sottolinea come il conflitto in atto faccia emergere come la “considerazione che con la guerra tutto è perduto era più un mantra ideologico che una profonda convinzione”. Le Chiese stesse devono riconoscere come “spesso il lavorare per la pace – ammette Tisi – è più una dichiarazione d’intenti, che non un reale e vero impegno a diventare – per dirlo con le parole di papa Francesco – artigiani di pace

Monsignor Tisi indica un percorso che prima della politica e della diplomazia chiama in causa le scelte personali.  “In ogni guerra – aggiunge – c’è anche la nostra griffe. Bonificare le relazioni, accogliere le diversità, gioire per la presenza degli altri è l’urgenza assoluta fondamentale per immaginare possibilità di pace”. “Disarmare le nostre relazioni – argomenta monsignor Tisi – non è la classica goccia nel mare; è invece la concreta possibilità per ognuno di noi di offrire il proprio contributo per tornare ad immaginare l’umanità come la casa comune di donne e uomini che si riconoscono sorelle e fratelli”.

C’è una “sapienza – rammenta poi l’Arcivescovo davanti ai banchi pieni di fedeli – che i dominatori di questo mondo non conoscono, la sapienza del Cristo Crocifisso che dice a noi: imparate da me, perdonate, accogliete, fate pace” avvalora “il ricorso pieno di fiducia alla preghiera” per invocare il dono della pace, come indicato dal Vangelo stesso. “La preghiera – è la certezza di Tisi – cambia la storia. Non perdiamo l’occasione di prendere sul serio l’inaudita forza della preghiera che per i potenti del mondo è debolezza. Purtroppo è tale a volte anche per noi cristiani”. E  don Lauro conclude con l’invito ecumenico a pregare “per togliere le guerre che ci abitano e perché il sordo rumore delle armi possa lasciare presto spazio al dialogo e alla riconciliazione”.

La testimonianza dal Congo di suor Delia 

La veglia è stata arricchita anche dalla lettura della testimonianza inviata da suor Delia Guadagnini, missionaria trentina nel sud Kiwu nel Congo, squarciato da molti anni di guerra civile, “tra la vita e la morte ogni giorno, mentre sentiamo, fin nella pancia, quanto avviene attorno a noi: violenza sulle donne, uccisioni, bambini spariti, furti”. “La  mia vita, ricevuta e donata, oggi è qua domani potrà essere altrove. Finché vivo cerco di fare del bene, con la forza che Gesù mi mette dentro. Vediamo gli albori della Risurrezione”.

“Una storia quella di suor Delia – commenta don Lauro prima della recita del Padre Nostro e dello scambio di pace – che può descrivere la situazione delle nostre sorelle e fratelli ucraine che hanno la patria devastata. Chiediamo a Dio, la grazia di aumentare a dismisura la preghiera e il digiuno come invocazione di pace, in questo tempo di Quaresima”.

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FOTO GIANNI ZOTTA

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