LA VOCAZIONE

Il nostro amore umano così prezioso e unico è sotto lo sguardo di Dio: è Lui che ci ha fatto incontrare e ci fa scoprire di essere dono l’uno per l’altro e, ogni giorno ci chiama ad esserlo maggiormente.

COMMENTO AL VANGELO

Dagli Atti degli Apostoli (22, 3-16)

«Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell’osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi.

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OBIETTIVI DELL’INCONTRO

  • Scoprire il significato del Battesimo per la vita dei credenti
  • Scoprire che la chiamata al matrimonio ha come fondamento il battesimo
  • Riconoscere la presenza di Dio amore nel cammino di coppia
  • Scoprire la vocazione matrimoniale come un cammino permanente alimentato dalla cura del vincolo e da decisioni che aiutano a maturare l’amore, superando momenti difficili: “Pastorale del vincolo”.

 

CONTENUTI PRINCIPALI

I contenuti che permettono di raggiungere gli obiettivi e caratterizzano l’incontro possono essere vari. Qui si presentano un elenco di possibili nuclei e alcuni esempi di sviluppo di questi contenuti:

  • Il Battesimo: sacramento della nascita cristiana, luogo dell’amore di Dio, presente nella storia degli sposi
  • Vocazione come capacità di scegliere liberamente, insieme con Dio, nelle fasi della vita
  • Il mio rapporto quotidiano con l’altro insieme al Signore come risposta alla chiamata battesimale (cfr. FC 51)
  • Il matrimonio proietta gli sposi nella vita, disponendoli ad attraversare insieme tutte le prove e i momenti difficili (cfr. AL 211)

 

PROPOSTE E SUGGERIMENTI PRATICI

  • Iniziare l’incontro con una celebrazione per far memoria del Battesimo

 

Per saperne di più

PER APPROFONDIRE

Il Battesimo: sacramento della nascita cristiana, luogo dell’amore di Dio, presente nella storia degli sposi

Che cos’è il sacramento del Battesimo?

Il catechismo della Chiesa Cattolica lo inserisce nei sacramenti definiti dell’iniziazione cristiana, quei sacramenti che ci fanno diventare cristiani.

Non solo, ne sottolinea la preziosità definendolo come il fondamento di tutta la vita cristiana, il vestibolo d’ingresso alla vita nello Spirito, e la porta che apre l’accesso agli altri sacramenti (CCC 1213).

Non è pertanto solamente una questione “burocratica”, una “questione da sbrigare” per entrare a far parte della Chiesa Cattolica e per ricevere i sacramenti successivi.

Pensiamo alle fondamenta di un edificio, reggono l’intera struttura, che altrimenti senza questa base, crollerebbe. Esternamente non si vedono, ma sono indispensabili.

Con questo esempio possiamo comprendere quello che, in merito al Battesimo, il catechismo della Chiesa Cattolica vuole sottolineare: è il sacramento sopra il quale poggia la nostra vita di credenti e tutti gli altri sacramenti, senza il quale non resisterebbero alle intemperie e agli scossoni della vita.

San Gregorio Nazianzeno lo descrive chiaramente con queste belle parole:  “Il Battesimo è il più bello e magnifico dei doni di Dio… lo chiamiamo dono, grazia, unzione, illuminazione, veste d’immortalità, lavacro di rigenerazione, sigillo e tutto ciò che vi è di più prezioso. Dono, poiché è dato a coloro che non portano nulla; grazia, perché viene elargito anche ai colpevoli; battesimo, perché il peccato viene seppellito nell’acqua; unzione, perché è sacro e regale (tali sono coloro che vengono unti); illuminazione, perché è luce sfolgorante; veste, perché copre la nostra vergogna; lavacro, perché ci lava; sigillo, perché ci custodisce ed è il segno della signoria di Dio.”[1]

Il Battesimo ci libera dal peccato originale, da quella ferita che ci hanno lasciato i nostri progenitori Adamo ed Eva, all’inizio della storia della Salvezza. Ci rende forti e capaci di lottare contro le insidie e le tentazioni che, inevitabilmente, incontreremo nella vita. Con esso diventiamo figli di Dio, facciamo così parte tutti dello stesso “stato famiglia”. Esso costituisce la nascita alla vita nuova di Cristo (CCC 1277).

Il Battesimo incorpora alla Chiesa. Dai fonti battesimali nasce l’unico popolo di Dio della Nuova Alleanza che supera tutti i limiti naturali delle culture, delle razze e dei sessi: “In realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo Corpo” (1 Cor 12,13) (CCC 1267).

Il Battesimo stesso è un mistero nuziale: è, per così dire, il lavacro di nozze che precede il banchetto di nozze che è l’Eucarestia.

Il battezzato diviene parte della Chiesa, corpo mistico di Cristo.

“Siamo membra gli uni degli altri” (Ef 4,25).

Strettamente legato a tutti gli altri sacramenti, qui vediamo in particolare come lo sia al sacramento del matrimonio (cfr. AL 72).

La Chiesa è sposa di Cristo. La nostra anima di battezzati viene unita a Cristo, che è l’Amato.

Il sacramento del matrimonio è profezia, segno, di questa unione sponsale tra Cristo (sposo) e la Chiesa (sposa). Gli sposi rappresentano proprio questa profonda e intima unione.

Gesù con la sua morte e passione ci ha redenti, ha preso su di sé i nostri peccati per salvarci e donarci la Resurrezione, la vita eterna. Questo è l’amore più grande: dare la vita per i propri amici, e Gesù lo fa in questa ottica di amore sponsale per ciascuno di noi.

Giovanni Paolo II, nell’esortazione apostolica Familiaris Consortio, afferma che gli sposi cristiani sono “il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla Croce”.

Pertanto ogni aspetto dell’amore coniugale, anche la dimensione corporea, il dono totale all’altro, il toccarsi, i gesti di cura, di attenzione e di confidenza, anche i più quotidiani e banali, anche le coccole, richiamano permanentemente il dono pieno della Pasqua e della Resurrezione appunto.

Riassumendo: questo grande amore sponsale che Cristo ha per la sua Chiesa, per ciascun battezzato, si rende visibile negli sposi, attraverso il sacramento del matrimonio.

E ancora: il nostro essere battezzati ci fa entrare in quel corpo mistico che è la Chiesa, un tutt’uno con il capo che è Cristo stesso. Gli sposi nel sacramento divengono un’unica carne, un corpo unico.

San Paolo lo mette in luce con assoluta chiarezza: non ci salviamo eliminando il nostro corpo, come se dovessimo recuperare una perduta condizione angelica; ci salviamo, invece, dando il nostro corpo, sacrificandolo, impiegandolo per servire Dio e gli altri.

E ancora “Voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sè stesso per lei…”  (Ef. 5,25)

 

Vocazione come capacità di scegliere liberamente, insieme con Dio, nelle fasi della vita

«L'uno per l'altro» - «una unità a due».

Creati insieme, l’uomo e la donna sono voluti da Dio l’uno per l’altro. La Parola di Dio ce lo lascia capire attraverso diversi passi del testo sacro. «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gn 2,18). Nessuno degli animali può essere questo «pari» dell’uomo.  La donna che Dio «plasma» con la costola tolta all’uomo e che conduce all’uomo, strappa all’uomo un grido d’ammirazione, un’esclamazione d’amore e di comunione: «Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa» (Gn 2,23). L’uomo scopre la donna come un altro «io» portatore della stessa umanità.

L’uomo e la donna sono fatti «l’uno per l’altro»: non già che Dio li abbia creati «a metà» ed «incompleti»; li ha creati per una comunione di persone, nella quale ognuno può essere aiuto per l’altro, perché sono ad un tempo uguali in quanto persone (osso dalle mie ossa…) e complementari in quanto maschio e femmina.

Nel matrimonio, Dio li unisce in modo che, formando «una sola carne» (Gn 2,24), possano trasmettere la vita umana: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra» (Gn 1,28). Trasmettendo ai loro figli la vita umana, l’uomo e la donna, come sposi e genitori, cooperano in un modo unico all’opera del Creatore.

Nel disegno di Dio, l’uomo e la donna sono chiamati a dominare la terra come amministratori di Dio. Questa sovranità non deve essere un dominio arbitrario e distruttivo. A immagine del Creatore, «che ama tutte le cose esistenti» (Sap 11,24), l’uomo e la donna sono chiamati a partecipare alla Provvidenza divina verso le altre creature. Da qui la loro responsabilità nei confronti del mondo che Dio ha loro affidato (CCC 371-372-373).

In queste righe il Catechismo ci mostra chiaramente come la vocazione degli sposi sia una continua ricerca di bene lungo il corso della vita. Essi sono dono reciproco e dono per gli altri, per questo motivo attraverso il discernimento e la preghiera chiedono a Dio di compiere le scelte più giuste per capire quale strada prendere.

Vocazione prima nel fidanzamento come richiesta personale della strada da prendere: sarà quella la persona giusta, che Dio ha scelto per me?

Successivamente nel matrimonio, come ricerca quotidiana di cammino insieme nella Sua Volontà, per prendersi cura gli uni degli altri, del mondo intero. In una dimensione dove dare delle chiare priorità, prima Gesù, poi lo sposo/a, i figli, poi tutto il resto.

 

Il mio rapporto quotidiano con l’altro insieme al Signore come risposta alla chiamata battesimale (cfr. FC 51)

“Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 15,20).

Questa dimensione di unione nel matrimonio è talmente chiara da essere sacramento.

Fulton Sheen nel suo libro “Tre per Sposarsi” scrive: tre elementi occorrono a produrre l’amore nei cuori: l’amante, l’amato e l’amore[2].

Questo amore è proprio la presenza di Dio nella storia degli sposi. E come coltivarla? Come prendersi cura di quella scintilla che primariamente è stata accesa in noi durante il sacramento del battesimo e successivamente nel sacramento del matrimonio?

Amando il mio sposo, la mia sposa, io amo Cristo. Prendermi cura di lei/lui concretizza quell’amore che è Dio in mezzo a noi. Non è sempre facile vivere questa dimensione nella pienezza. Le cose che ci circondano a volte, ci distraggono dall’importanza e dalla priorità della nostra vocazione matrimoniale. Dobbiamo attingere continuamente alla fonte di quell’amore per far fruttificare i nostri cuori e la nostra unione.

I Sacramenti e la preghiera coltivati insieme ci danno la forza di sostenere la fatica del cammino. Rivolgiamoci a Lui, fonte di ogni bene. Impariamo a chiederci perdono nel Suo nome, nelle piccole e grandi discussioni, per rinnovare e coltivare il nostro rapporto.

La nuova famiglia che nasce dal sacramento del matrimonio diviene piccola Chiesa domestica (CCC 1655). Luogo privilegiato dove Dio, fatto uomo, ha deciso di collocarsi, a Nazareth più di duemila anni, oggi nelle nostre case. Viviamo in un posto privilegiato… un posto “da Dio”.

 

Il matrimonio proietta gli sposi nella vita, disponendoli ad attraversare insieme
tutte le prove e i momenti difficili (AL 211)

Questa posizione privilegiata non rimane però estranea alla dimensione del mondo che la circonda.

Essere cristiani non significa vivere una realtà lontana dalla concretezza che tutti affrontano. Anche gli sposi, nel corso della loro vita insieme, fanno i conti con le fatiche, le malattie, le gioie, le sofferenze, la morte… insomma ciò che tutte le persone devono affrontare.

Non dobbiamo fare l’errore di pensare che, solo perché credenti, vivremo la dimensione di famiglia perfetta, del “mulino bianco”.

Dio non ci chiede di allontanarci da ciò che ci circonda, ma di trasformarlo con il Suo aiuto.

Leggere le vicende come Lui le leggerebbe, agire come Lui agirebbe, amare come Lui amerebbe. Insieme, in una dinamica trinitaria.

Il focolare è così la prima scuola di vita cristiana e una scuola di umanità più ricca. É qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l’amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita (CCC 1657).

Viene facile perciò pensare che il matrimonio non è una meta da raggiugere, ma un inizio tutto nuovo, una nuova vita che si apre, ricca di sorprese e di novità, non più vissuta singolarmente, ma in tre: io, te e Gesù.

[1] San Gregorio Nazianzeno, Orationes, 40, 3-4: PG 36, 361C

[2] Sheen John Fulton, Tre per sposarsi. Cristo fondamento dell’unione sponsale, Fede & Cultura, 2018

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