“La pace? Servono zone-tregua dove tornare al reale e recuperare la bellezza della fraternità e dell’incontro”. A Canazei per “Ispirazioni d’estate” il dialogo tra il vescovo Lauro Tisi e Marco Tarquinio, direttore di Avvenire

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“La guerra è solo l’iceberg di quel conflitto che è dentro ognuno di noi, ogni giorno. La condizione per puntare alla pace è riconoscere che la guerra è parte di noi. Serve poi la presa d’atto che siamo in un sistema conflittuale ma non riusciamo a tenere insieme verità diverse, preferendo un pensiero unico, eterodiretto”. Parte da un dato antropologico e culturale schietto ma difficilmente contestabile l’analisi dell’arcivescovo di Trento Lauro Tisi, chiamato a riflettere su “Pace, la grande utopia?” nella rassegna fassana “Ispirazioni d’estate”, accanto a Marco Tarquinio, direttore del quotidiano cattolico Avvenire. Un pubblico numeroso ed attento ad ascoltarli, nella centrale piazza Marconi a Canazei, la sera di mercoledì 20 luglio.

Lo spunto del secondo appuntamento dell’edizione 2022 della rassegna promossa da parrocchie e Comitati turistici è il conflitto in Ucraina – giunto al 146° giorno, rammenta la moderatrice Elisa Salvi – ma senza prescindere dalle troppe guerre dimenticate, di cui non esiste conteggio affidabile. Antropologia, cultura, ma anche religione tra le possibili cause, “soprattutto – denuncia don Lauro – quando quest’ultima porta a pensarsi come esseri religiosi, più che credenti”. “Dio non veste la maglietta con scritto cattolico”, fa eco Tarquinio nel ricordare la natura di antidoto alla guerra attribuibile al dialogo interreligioso, come quello maturato nella “sua” Assisi nel lontano 1986 per iniziativa di Giovanni Paolo II o la più recente firma di Francesco (ottobre 2020) sull’Enciclica “Fratelli tutti”, davanti alla tomba del Poverello. “Rispetto alla guerra in Ucraina – aggiunge il direttore di Avvenire -, papa Francesco non s’è fatto certo cappellano dell’Occidente. Lo stesso non si può dire del patriarca Kirill”. “Dobbiamo però continuare a credere in quella fraternità – aggiunge Tarquinio – che è parola laica pur essendo figlia della cultura cristiana. La fraternità tiene per mano libertà e uguaglianza”, chiosa il giornalista recuperando la triade della Rivoluzione francese e prima di rammentare un altro evento: l’incontro interreligioso di Abu Dhabi  (Francesco e il Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, 2019) e il relativo documento sulla fratellanza umana. “Nella fatica del cammino – si appassiona Tarquinio – accadono cose immense”.

Quanto all’Ucraina, che le cronache dal fronte siano ormai pagine dimenticate “è un dato di fatto” secondo l’Arcivescovo. “Siamo telecomandati – denuncia – dal sistema mediatico e noi corriamo il rischio di esprimere valutazioni e decidere sulla narrazione, più che sul dato di realtà”. Per monsignor Tisi “servono zone-tregua dove tornare al reale e recuperare la bellezza”. “C’è bisogno – precisa don Lauro – di tornare a percepire che fraternità e incontro sono sinonimo di bellezza, come ha dimostrato la grande solidarietà nella pandemia ma anche più di recente nella tragedia consumatasi sulla Marmolada”, osserva puntando lo sguardo sulla roccia ferita che si staglia poco oltre l’orizzonte della piazza ed ora restituisce una brezza refrigerante ad ospiti e valligiani, con in prima fila il sindaco di Canazei, Giovanni Bernard.

Il direttore Tarquinio ammette la difficoltà nel “governare notizie che il web alimenta ogni dieci minuti. Dobbiamo però dirci che le guerre non s’accendono per caso e in quel contesto continua da ben otto anni. L’aggredito – argomenta il giornalista alla guida del quotidiano cattolico – è sempre mio fratello e mia sorella, ma se siamo al 146° giorno di battaglia è perché si è detto che sostenere la guerra avrebbe scongiurato il conflitto mentre, come abbiamo cercato sempre di raccontare su Avvenire, la guerra può portare solo altra guerra”. Tarquinio richiama i padri fondatori dell’Europa (“De Gasperi, Schuman e Adenauer erano uomini di confine e avevano il senso del limite“) per denunciare lo scialacquo della loro eredità politica, costruita sulle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. E il rischio di far svanire la consapevolezza che la guerra si combatte sempre contro i civili: “Anche in Ucraina – ammonisce il direttore – si colpiscono scuole ed ospedali: i luoghi della vita per affermare la morte. La guerra non continua, come qualcuno fa notare, a scrivere la storia ma solo a insanguinarla”.  “La semplificazione della realtà e la riduzione allo schema buono-cattivo come denunciava Francesco è funzionale alla soluzione armata” aggiunge monsignor Tisi, puntando il dito con coraggio sulle ipocrisie ecclesiali: “Parlare di pace non è complicato, è la nostra missione. In verità, noi per primi siamo spesso portatori di morte con parole, pensieri, atteggiamenti. Ed anche le nostre comunità cristiane sono talora terreno di spaccature e di tensioni. Da questo punto di vista, in tempo di pandemia abbiamo dato a volte uno spettacolo negativo”.

Dalla piazza di Canazei, nelle ore in cui il Parlamento tra fuochi incrociati sfiducia di fatto il Governo Draghi, si alza un vento di pace quando, ricordando la mobilitazione del 23 luglio, si parla dell’azione della società civile, partendo “dal basso”. Tarquinio auspica “un corpo di difesa europeo sostenuto dal ripudio della guerra, come precisa la nostra Costituzione, e un braccio civile non violento: l’alternativa – denuncia – è il riarmo nazionalistico con un aumento, in Italia, di 14 miliardi di spesa militare oltre ai 25 già decisi”. Dal canto suo il vescovo Lauro spera in “un’azione educativa per tornare a percepirci come frammenti e capire che la forza è rendersi vulnerabili all’altro. Come Gesù – rammenta – si è fatto custode dell’uomo, spetta a ognuno di noi essere custode del proprio fratello: non come impegno etico ma come opportunità e financo necessità. Anzi, l’unico modo per vivere”. (pi.fra.)