Giornata comunicazioni, il messaggio del vescovo Lauro: “Mettiamo vita nelle nostre parole violente o disabitate”

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“Mettiamo vita nelle nostre parole, spesso violente o disabitate”. È il cuore del messaggio dell’arcivescovo dii Trento Lauro Tisi in occasione della 57a Giornata mondale delle comunicazioni sociali, dal titolo “Parlare con il cuore“, in calendario in questa domenica 21 maggio, in cui si celebra l’Ascensione del Signore.

Il messaggio integrale in forma scritta è accompagnato anche da un appello video:

Di seguito ecco la versione integrale del Messaggio del vescovo Lauro (pubblicata anche sull’ultimo numero del settimanale Vita Trentina), anche in qualità di Presidente della Commissioni Comunicazioni della Conferenza Episcopale Triveneto:

“Parlare con il cuore. Secondo verità nella carità (Ef 4,1-5)” è il messaggio che papa Francesco (LEGGI QUI) ci consegna quest’anno per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali.  Una provocazione davvero stimolante in un contesto sociale e mediatico nel quale troppo spesso sentiamo andare in onda parole che feriscono ed uccidono. E quando non appaiono letali, di frequente sono parole non abitate, vuote, retoriche. Credo sia arrivato davvero il momento di mettere corpo e vita nelle nostre parole, perché il modo in cui comunichiamo il nostro messaggio vale più del messaggio stesso, è la prima forma di comunicazione. A volte il viso, lo sguardo, l’intensità con cui si dicono le cose comunicano più di quanto dicano le parole.

Ha ragione papa Francesco: dobbiamo imparare a parlare con il cuore, immettere vita in quello che diciamo, perché chi ci ascolta possa vibrare, condizione essenziale per instaurare un’autentica relazione.

Ne ho conferma ad ogni passo della mia attività pastorale sul territorio, in mezzo alla gente, in particolare incontrando i giovani. Essi ci spronano di continuo perché ci invitano a silenziare le nostre risposte preconfezionate. Cercano ascolto, non ricette stantie o pie formule. I figli della rivoluzione digitale credono profondamente nell’amicizia, non si accontentano del riflesso di uno schermo.

Altrettanto intenso è l’appello che colgo ad ogni incontro con il mondo della sofferenza. Là dove un’esistenza si sta spegnendo, magari in giovane età, o nelle famiglie toccate dal dolore indicibile per la perdita di un figlio, sento fiorire la speranza di chi sa apprezzare la vita, soprattutto quand’essa sembra inesorabilmente sfuggire. Non bastano le parole per descrivere questi spiragli di risurrezione. Serve solo mettere in gioco il cuore.

È questo lo stile che deve accompagnare anche il Cammino sinodale. In Diocesi di Trento l’attenzione è puntata quest’anno ai tre “cantieri” dedicati non a caso ai giovani, alle donne e al mondo della fragilità. La domanda è diretta: alla luce della tua esperienza cosa ti aspetti personalmente dalla Chiesa? Più in generale: come può la comunità credente far sentire protagonisti i giovani e le donne ed essere maggiormente vicina alle tante povertà?

Questa nuova tappa dell’operazione ascolto, mirata soprattutto ad intercettare mondi esterni alla realtà ecclesiale, potrà dare risultati apprezzabili solo se ognuno si sentirà interpellato a narrare in profondità la propria esperienza, aprendo il cuore. Per incontrare altri cuori che depongano l’arma del giudizio, del disfattismo e della mestizia, atteggiamenti così diffusi negli ambienti ecclesiali. Perché il cuore batte solo al ritmo del sorriso”.