Donne e uomini, serve una nuova alleanza. Dentro e fuori la Chiesa”. Le provocazioni della teologa Vantini ai preti trentini

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“Uomini e donne devono lavorare insieme per un’alleanza nuova. Una forma più libera e feconda di abitare insieme il mondo, una scommessa. Parlare di nuovo insieme di quello che ci ferisce. Che ferisce le donne ma anche gli uomini”. Sono parole della teologa e filosofa Lucia Vantini (presidente del Coordinamento delle teologhe italiane), rivolte ai preti trentini e a religiosi e religiose nell’incontro di formazione tenutosi in seminario giovedì 23 novembre.

Un intervento di particolare attualità, considerato l’incalzare drammatico dei femminicidi. Quanto alla necessità di una “nuova alleanza“, Vantini la declina anzitutto in chiave sociologica. “È finito – sottolinea – il tempo del contratto sessuale. Sta sempre tra le righe rispetto ai contratti politici o economici. Finora questo contratto divideva il mondo in due parti complementari. Complementarietà è una bella parola, ma crea incomprensioni e conflitti. Tutto è diviso in maniera rigida ed essenzialista. A lui ruoli di potere e pubblici. A lei la relazione e l’intimità, la casa. A un uomo è più facile essere razionale, adatto alle discipline scientifiche, mentre l’aspetto emotivo rende talora le donne ingovernabili. La ragione a lui. L’emozione a lei. La giustizia a lui. La cura a lei. Il sacro a lui. Il profano a lei. La produzione a lui. La riproduzione a lei”.

Una domanda su tutte  

Pur riconoscendo che “qualcosa di vero c’è”, secondo Vantini va tenuta aperta una domanda: “ciò che conferma queste divisioni viene da una differenza reale o viene anche dal fatto che socialmente ed educativamente siamo esposti a stereotipi?
La domanda interpella direttamente anche la Chiesa, soprattutto in un clima culturale che evoca il patriarcato come origine della sopraffazione e talora della violenza maschile. “Come sta la Chiesa nei confronti del patriarcato quando una donna non sta al proprio posto? Che cosa facciamo come Chiesa quando incontriamo delle donne che non stanno al ‘posto giusto’ come noi pensiamo?”. Vantini incalza: “La questione della differenza sessuale è centrale per la Chiesa” chiamata a decidere se “procedere in senso sinodale oppure restare nella contemplazione di questa tomba vuota. Non si tratta solo del ministero ordinato delle donne. È solo un punto del nostro modo di stare insieme che è distorto”.
“Dove sta la paternità spirituale della Chiesa?”, si chiede ancora la teologa, citando l’incontro evangelico di Gesù con l’adultera come modello antipatriarcale. “È come se Gesù tornasse e dicesse: uscite dalla logica dello schieramento e dalla logica del branco. Gesù fa uscire dall’insieme e fa tornare al sé. Questo chiedono le voci della donna. Usciamo dalla logica della contrapposizione e entriamo nella logica del dolore”.

Chiesa e carismi delle donne, verso un “nuovo disordine” 

Secondo la relatrice diviene cruciale “riconoscere i carismi delle donne dentro la Chiesa”, ad esempio il diaconato femminile. “Il Nuovo Testamento dice che ci sono donne diacone. Se questo carisma fosse declinato nella forma antica? Al diacono uomo certe competenze, alla donna diacono altro. La donna è capace di cura, non è mai stanca”. “Invece – riconosce Vantini – troviamo stanchezza del mondo delle religiose ma essa tocca anche la vita dei preti. Siamo in corsa continua senza potersi fermare per capire cosa lasciare andare. Andiamo oltre la contrapposizione tra clero e laici, che non vede che non tutto il clero è avvelenato dal clericalismo. E che questo è passato anche tra i laici”. La presidente delle teologhe italiane invita a passare dalla “complementarietà” alla “reciprocità”: “riconoscere la vulnerabilità di tutti aiuta anche i maschi a lasciar cadere la rincorsa verso un modello di autosufficienza che soffoca loro stessi per primi”.

Aprire simbolicamente lo spazio alle donne significa fare i conti con un nuovo disordine. Ma da questo passa l’aria per le nostre stanze ammuffite. Le donne stanno dicendo: io non sono così, non credo così, non è un ruolo su misura per la mia coscienza. Riconoscendo i nostri stereotipi. La Chiesa non è una democrazia. Ma lo Spirito scardina le logiche della maggioranza. Non c’è il modello perfetto. Ma ascoltiamo cosa dice lo Spirito. E lo Spirito lo riconosci quando ci sono lingue diverse. Quando non c’è un unico modo di celebrare, di pensare, di parlare”.