Curia, gli auguri pasquali del vescovo Lauro ai collaboratori: “Il Dio della Pasqua ci ridoni la fiducia nell’amore!”

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“Credo possa essere una Pasqua in cui ci poniamo di fronte a noi stessi e ci chiediamo: ho ancora voglia di vivere e provare ad amare? Il Dio della Pasqua ci ridoni la fiducia nell’amore!”. L’invito-interrogativo è arrivato dall’arcivescovo Lauro Tisi nel consueto scambio di auguri con i collaboratori di Arcidiocesi e degli Enti afferenti, nella mattinata di mercoledì 27 marzo al centro Bernardo Clesio. Introdotto dal vicario generale don Claudio Ferrari, monsignor Tisi si è soffermato sui brani biblici della liturgia del giorno, dal profeta Isaia all’evangelista Matteo: “Mi accorgo – ha esordito – che per me la Parola è sempre più consolazione e aiuta a interpretare l’oggi. Fa bene all’uomo, a prescindere che uno creda o non creda”.

“L’emergenza ascolto” 

Del brano del profeta Isaia, don Lauro rilancia l’esordio: “Dio mi ha dato una lingua da iniziato”. “Alla lettera – commenta – sarebbe una lingua da ‘ascoltatore’. In questo senso – argomenta – il testo è l’autobiografia di Gesù, con i suoi trent’anni di vita nascosta, e Gesù è l’esegesi di Dio, l’opposto della modalità mondana in cui pensiamo il divino. Dio è sempre stato considerato colui che parla e invece il suo tratto è l’ascolto. E chi ascolta molto e pratica il silenzio ha parole efficaci. L’emergenza più grande a livello planetario è l’emergenza ascolto: i popoli non si ascoltano e si procede con furore ad alzare proprie bandiere. Torna Signore a darci attitudine all’ascolto!”

“Spesso ci manca la determinazione, perché non sentiamo che amore e bellezza sono il cuore della vita” 

Don Lauro si sofferma su un altro passaggio del testo di Isaia: “Ha reso la mia faccia dura come pietra”. “Al netto di un concetto di volontà priva di gioia, diffusa anche in ambito religioso ma sganciata da altre facoltà umane, dobbiamo ammettere che la determinazione ci fa difetto. Fatichiamo a dirci: voglio, provo, me la gioco, mi spendo, ce la metto tutta. Allenare la volontà non è tempo perso e avere dimestichezza con la dimensione del volere non è male. Basti pensare alla dinamica dell’alpinista di fronte alla montagna. La pietra preziosa per cui vale la pena attivare la volontà è sentire che amore e bellezza sono il cuore della vita e non c’è alternativa all’amare. Non perché lo dice la religione, ma l’umano”.

“Giuda, il deluso dall’amore”

Don Lauro esorta i collaboratori: “Chiediamoci: credo ancora all’amore? In noi si è piantato qualche tratto di Giuda”, ammette rammentando il Vangelo odierno di Matteo con il tradimento del discepolo. “Giuda non è un malvagio ma, come diceva Mazzolari, è uno di noi, un deluso dall’amore“. “Credo possa essere una Pasqua in cui ci poniamo di fronte a noi stessi e ci chiediamo ho ancora voglia di vivere e provare ad amare?” “Il nostro Dio – conclude l’Arcivescovo – è Dio della libertà! La guerra ha la propria matrice nell’uomo che non si gioca la partita della libertà ma sceglie di rinunciare a vivere, rinunciando ad amare. Libero non vuol dire essere senza legami ma essere legati a qualcuno. Essere slegati significa essere disperati, soli, con l’eco della propria voce soltanto. Buona Pasqua sapendo che tutto cambia quando decido di mettere il mio granello per cambiare il mondo. Il Dio della Pasqua ci ridoni la fiducia nell’amore!”.