Pellegrinaggio giubilare a Spiazzo Rendena lunedì 21 luglio nella consueta giornata estiva dei missionari trentini attualmente in vacanza.
Una quarantina di missionarie e missionari – rientrati per un breve periodo dalle terre di missione – hanno raggiunto la chiesa di San Vigilio, uno dei luoghi giubilari della Diocesi di Trento (accanto alla cattedrale, alla basilica di Sanzeno e al santuario di Piné).
Con loro, i volontari del Centro Missionario, dell’ACCRI e numerosi abitanti della valle. A presiedere la celebrazione eucaristica l’arcivescovo Lauro Tisi, affiancato da due vescovi missionari emeriti monsignor Mariano Manzana (già a Mossorò in Brasile), e monsignor Giuseppe Filippi che ha guidato la Diocesi di Kotido in Uganda.
Don Crepaz: siamo tutti missionari
Tra i concelebranti i preti attivi in valle, coordinati da don Carlo Crepaz, parroco di Rendena, con undici anni di missione in Ciad alle spalle. È stato lui a richiamare il senso profondo della giornata: “Siamo qui – ha detto – per ricordare che la missione non è solo altrove: tutti siamo chiamati ad essere missionari”.
L’arcivescovo Tisi: grazie per il bene che siete
Un pensiero subito raccolto da don Lauro, che ha voluto ringraziare la comunità locale per l’accoglienza “nella mia terra natale” , e si è rivolto con affetto ai missionari: “Grazie per il bene che siete. La vostra vita è segno della fecondità della nostra Chiesa, che continua a generare uomini e donne capaci di donarsi al Vangelo in ogni angolo del mondo”.
L’Arcivescovo ha invitato a riflettere anche “su tutte le volte in cui la Chiesa non è stata all’altezza della sua missione, quando si è chiusa su sé stessa e ha smarrito il fuoco dell’annuncio”.
“Non siamo in un hospice, ma nella sala parto del Regno”
Nel cuore dell’omelia, il richiamo alla storia della salvezza come storia abitata da Dio, anche nelle sue fasi più oscure. “Viviamo un tempo difficile – ha riconosciuto Tisi – e spesso cediamo alla tentazione del rimpianto. Ma l’Esodo ci insegna che ogni ora è tempo di Dio. Chi ha fatto Pasqua sa che la storia è nelle mani di Dio, non siamo in un hospice ma nella sala parto di un Regno che sta andando verso la pienezza”.
Il volto della missione, per l’Arcivescovo, si esprime nei segni concreti del servizio: “Un grembiule, un piede lavato, una vita spesa nel perdono. Questo è lo stile del Vangelo. E questa è la Chiesa che lo Spirito visita, come ho ricordato anche nella Lettera Al di là citando anche volti concreti come quello di don Mauro Leonardelli (alla guida del Centro Missionario, fino alla sua prematura scomparsa in aprile) e delle persone incontrate in Visita pastorale. Chiediamo a Dio di essere una Chiesa convertita alla debolezza forte di chi vive del Vangelo e nient’altro”.
Visita alla comunità “Vite Intrecciate” a Giustino
Dopo la Messa, il pellegrinaggio ha fatto tappa a Giustino, presso la comunità “Vite Intrecciate”, nata dal sogno condiviso di Oriella Mussi e Paolo Cominotti. Un luogo dove volontariato e gratuità non sono slogan, ma pratica quotidiana. Qui ogni attività sostiene le missioni in Sud America dell’Operazione Mato Grosso.
Alle pietanze della tradizione montanare – polenta, crauti e spezzatino – si sono alternate le storie di giovani volontari che operano nella comunità. Racconti semplici ma “intrecciati” di speranza giubilare. Suggellata dal cielo limpido che, nel pomeriggio, ha spazzato via la pioggia battente del mattino.