Vescovo Lauro ricorda i frati cappuccini morti per Covid e in particolare fra Gianpietro, anima della mensa dei poveri. “Saranno stati loro i primi a introdurlo alla festa con Dio”

bookmark

(Domenica 21 giugno) “Le siamo grati di essere, come pastore di questa Chiesa, tra di noi. Dice che non siamo soli, è il segno di Gesù che ci accompagna in lei, anche in questo tratto di strada così doloroso, soprattutto per i genitori. Grazie per questo segno del Risorto”.

Fra Roberto Tadiello, ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini prende la parola rivolgendosi all’arcivescovo Lauro all’inizio della Messa in suffragio dei sei frati strappati alla vita in questi mesi dal Coronavirus. Nella chiesa dei religiosi alla Cervara, il pensiero va soprattutto al compianto coordinatore della mensa dei poveri, fra Gianpietro Vignandel morto per Covid a soli 47 anni e all’anziano confratello fra Bernardo Maines, le due vittime del convento del capoluogo.  

Al papà Mario Vignandel e mamma Bruna, saliti a Trento da Annone Veneto, paese d’origine di fra Gianpietro (soprannominato fra Tuck)  si rivolge con affetto fin da subito don Lauro: “Ci consola la vita di questi nostri fratelli che in questi tre mesi ha parlato ripetutamente. Le persone che li hanno incontrati esprimono sofferenza ed enorme stima per quello che, in particolare Gianpietro attraverso la mensa dei cappuccini, ha voluto dire per questa città e questa nostra Diocesi. Prego che in questo dolore, che resta inconsolabile, possiate sentire che Gianpietro cammina e celebra con noi, come Bernardo e tutti gli altri”.  “Ringrazio – aggiunge l’Arcivescovo – per la grande dignità con cui la famiglia cappuccina ha vissuto queste morti. Avete testimoniato san Francesco, che aveva l’ardire di chiamare la morte ‘sorella’.”

Nell’omelia monsignor Tisi ribadisce il grande bene compiuto dai frati (“siamo quindi ad attestare che questi nostri fratelli sono stati un grido di verità e bellezza”), dimostrazione che il “Vangelo si annuncia con la vita non con le parole e se fatichiamo a raggiungere gli uomini è perché vedono predicatori, ma non vita che predica, lo scatto di una vita intrisa di Vangelo”. Il pensiero va all’impegno di fra Gianpietro accanto ai poveri: “Immagino che saranno stai loro, i poveri, i primi a introdurlo alla festa con Dio”

Di fronte alla paura, messa in luce anche dall’emergenza, don Lauro ricorda l’invito di Gesù a non avere timore. Egli non è il “consolatore a buon mercato che ti dice ‘fattela passare’. Gesù ci consola con la fede: il Padre conta i capelli del capo”. La fede “non è aderire a un impianto di astrazioni dogmatiche” ma è Gesù Cristo: “quel suo morire e quel suo passare nella vita ci dice che c’è un Padre. La notizia con cui cerco, sommessamente, di entrare nel vostro dolore è questa invocazione: Gesù, diventa diventa compagno di viaggio di questi fratelli nel dolore e rivela loro che Gianpietro e Bernardo sono nella terra di Dio”.  Tisi prosegue: “Vi consegno l’umanità di Gesù. Guardate a Lui e come san Francesco riconoscete che quell’umanità ci porta la notizia che il Padre ci ama e non ci cancella, e che i nostri cari sono stati portati a casa, non sono finiti nel nulla”. “Qualunque situazione tu sia vivendo, il Padre la abita. Non c’è spaccato di umanità in cui il Padre non sia presente”.

“Non c’è nulla – conclude l’Arcivescovo – di quello che stiamo vivendo che non sia abitato dall’amore di Dio”. Il corpo non abitato dall’amore è un cadavere; se abitato dall’amore diventa pienezza di vita. I corpi di Gianpietro e Bernardo sono stati stati abitati dall’amore e ora ne sono rivestiti totalmente. L’enormità del dolore che vivete- dice guardando negli occhi i genitori di fra Gianpietro – è la prova che l’amore non muore.

 

FOTO: GIANNI ZOTTA