Rovereto, in mille alla fiaccolata per ricordare Mara Fait e Iris Setti, su iniziativa delle parrocchie: “Il silenzio è il grido più forte”

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Più di mille persone hanno preso parte a Rovereto, nella serata di mercoledì 9 agosto, alla fiaccolata in ricordo di Mara Fait ed Iris Setti, le due donne, vittime di due brutali aggressioni nei giorni scorsi a Noriglio e Rovereto. L’iniziativa era delle comunità parrocchiali della città della Quercia. Le persone si sono ritrovate nei giardini del Parco Nikolajewka (dove ha trovato la morte Iris), per raggiungere, nel silenzio accompagnato solo da qualche canto, la vicina chiesa di S. Maria del Carmine per un breve momento di raccoglimento e di preghiera.

“Il silenzio è il grido più forte per esprimere i nostri sentimenti in questo momento in cui le nostre comunità stanno vivendo il dramma che sembra ormai quotidiano in tutto il paese. Episodi che sentiamo quotidianamente nei telegiornali: immagini e racconti che ci lasciano stupiti, spaventati e increduli, ma che sembrano sempre lontani, che non ci riguardano. Invece è accaduto anche qui, anche noi siamo stati coinvolti”, ha esordito Micaela Fiorini, catechista parrocchiale a San Marco e membro della Commissione diocesana Giustizia e pace.

“Il primo pensiero – ha aggiunto Fiorini a nome del gruppo di laici promotori dell’iniziativa – va a Mara, Iris e alle loro famiglie vittime di tanta violenza, segnate da un male profondo che attraversa le società, le comunità. Questo momento vuol essere un modo per ricordarle, abbracciare i loro familiari, riunire comunità ferite e invocare il rispetto per la vita e l’impegno ad allentare le tensioni che alimentano reazioni di violenza. Dobbiamo anche pensare che accanto a chi ha commesso tali violenze, ci sono famiglie che vivono drammaticamente questi momenti e che rischiano di restare isolate e di vivere ancora in modo più drammatico la solitudine. Come comunità cristiane abbiamo il dovere di fare un passo avanti, andare oltre la rabbia e la paura. Costruire comunità solide, solidali e attingere alla nonviolenza nelle profondità dei nostri sentimenti e valori personali, coinvolgendo soprattutto i giovani. Non significa arrendersi, perdere, rinunciare, ma costruire relazioni con chi è in difficoltà, proteggere i più deboli e non lasciare indietro nessuno”.

“Papa Francesco – ha concluso Micaela – ci aiuta, con le sue parole, chiedendoci di impegnarci con la preghiera e con l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, a costruire comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune, della comunità, degli altri, riannodando i fili per tessere nuovi rapporti umani, unendo le energie migliori, per cambiare e costruire una nuova comunità”.