“Preghiamo per una Chiesa guarita dalla sordità e dall’incomunicabilità”. A Sanzeno l’invocazione del vescovo Lauro, nel nome dei martiri d’Anaunia

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La Chiesa come il sordomuto del Vangelo, a cui Gesù miracolosamente (“Effatà, apriti!“) restituisce la capacità di ascoltare e parlare: è lo stimolante parallelo evocato dall’arcivescovo Lauro nella Messa celebrata nel pomeriggio di domenica 5 settembre nella Basilica di Sanzeno, in memoria del ritorno in val di Non nel 1927 delle reliquie dei Martiri Sisinio, Martirio ed Alessandro, precedentemente custodite a Milano in San Simpliciano.

La Messa, davanti all’urna con le reliquie del Martiri, è stata animata dal coro delle valli del Noce e concelebrata dal parroco di Sanzeno padre Giorgio Silvestri e dai preti della zona pastorale.

“Il sordomuto è la nostra biografia”, ammette senza timore don Lauro nell’omelia, evidenziando come “tutti sul terreno delle relazioni e del comunicare abbiamo le nostre fatiche: genitori e figli, anziani che non si sentono più capiti”. Difficoltà che toccano da vicino anche la Chiesa, “con le sue fatiche comunionali e relazionali; una Chiesa – sottolinea don Lauro – che arranca nell’ascolto della Parola”. “Perché non pensare in questo luogo – è la provocazione conseguente – che la nostra Chiesa diocesana abbia bisogno di essere raggiunta dall”Effatà’ di Gesù e di essere sanata e liberata”.  “Perché non pensare la convocazione domenicale – aggiunge l’Arcivescovo – come momento in cui Gesù ci chiama in disparte e attraverso la Parola e l’Eucarestia agisce sulle orecchie e sulle nostre parole, e ne guarisce sordità e incomunicabilità”.

Significativo il fatto che Gesù agisca liberando prima gli orecchi, evidenziando l’urgenza dell’ascolto, dell’accoglienza e della disponibilità a ricevere. “Mi fa paura – chiosa monsignor Tisi – una Chiesa che non ha nulla da imparare e dimentica che il Maestro ha passato trent’anni ad ascoltare e tre a parlare”. “Ai martiri chiedo di mandare umiltà alla nostra Chiesa, di liberarla dal ‘petto in fuori'”.

Secondo passo: liberare la parola. “Chiediamo di mettere nella parola delle nostre comunità il balsamo di Gesù, una Chiesa capace di lodare il bene che c’è nell’uomo, anche fuori di sé, una Chiesa che non mette mura, recinti, è alleata degli uomini e delle donne che vivono concretamente il Vangelo. Quanto vorrei che nelle  nostre celebrazioni ci fosse la convocazione di donne e uomini che abitano le parole che dicono, vivendole con intensità.  Vieni Santo Spirito metti nelle orecchie della Chiesa il balsamo del tuo Effatà!”

“Martiri santi – è l’invocazione finale, dopo aver biasimato i “profeti di sventura” – venite in aiuto: voi avete dato origine alla nostra Chiesa con una vita diventata tutt’uno con la morte. Fate che anche noi diventiamo parola evangelica, ascoltando e liberando il Vangelo della pace che è Gesù Cristo”.