35° anniversario di Stava, Messa con vescovo Lauro: “Dolore non si attenua. L’interesse economico venne prima delle persone“. “Serve ecologia umana”

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Stava, 35 anni dopo. Una tragedia senza tempo per la comunità di Fiemme, per il paese di Tesero e i familiari delle vittime. In questa domenica 19 luglio, soleggiata come quel giorno del 1985, l’arcivescovo Lauro sale al cimitero monumentale di San Leonardo, affiancato dal parroco don Albino Dell’Eva, e insieme ad autorità civili e militari, per commemorare nella s. Messa (in diretta Tv e streaming) il 35° anniversario della drammatica colata di acqua e fango, staccatasi dai bacini di Prestavel, che causò la morte di 268 persone, sepolte a Tesero e in altri 64 cimiteri in tutta Italia.

Dopo aver speso parole a ricordo dei familiari delle vittime e delle schiere di volontari che scavarono sul luogo della tragedia, il vescovo Lauro ha ricordato nell’omelia il peso di una ferita ancora aperta: “A distanza di trentacinque anni – ha detto – non si è attenuato il dolore per la morte dei nostri cari. Abbiamo rigenerato il paesaggio, rimesso in piedi le case ma – come sta emergendo anche in questi mesi di pandemia – quando ad andarsene sono i volti, non c’è possibilità di colmarne l’assenza. Quel carico di morte impone il silenzio, proprio della grandezza di ogni volto”.

L’arcivescovo ha poi sottolineato l’impegno a non dimenticare, portato avanti dalla Fondazione Stava 1985 presieduta da Graziano Lucchi: “In questi trentacinque anni, con tenacia e fuori dalla ribalta mediatica – nota Tisi – i familiari delle vittime e la comunità di Tesero hanno impedito venisse cancellata la memoria dell’immane disastro. È anche grazie a loro se, ancora una volta, ci troviamo a scagionare Dio: non è lui la causa del male. La filiera del male è riconducibile a precise responsabilità umane: l’interesse economico prima della cura delle persone, la superficialità, l’incuria“.

“La tragedia che ha sfigurato questa valle – ha concluso l’omelia -, riletta alla luce delle splendide pagine della Laudato Si’, ci provoca a custodire e prenderci cura dell’ambiente, senza però dimenticare che sarebbe un’operazione impossibile se non attuassimo quell’ecologia umana che ci differenzia da tutti gli altri essere viventi. Essa si realizza nell’anteporre, alla soddisfazione del proprio bisogno, il farsi carico e prendersi cura del bisogno dell’altro. Questa è la tenda che Cristo ha piantato in mezzo a noi. È il divino che abita l’umano”.

Al termine della celebrazione, l’arcivescovo Lauro è passato fra le tombe, benedicendole.

L’arcivescovo Lauro Tisi con il presidente della Fondazione Stava 1985, Graziano Lucchi

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