A 60 anni dell’inizio del Concilio Vaticano II, Vita Trentina riprende la “lettura” dei testimoni di allora, a cominciare dal vescovo Gottardi

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Al sessantesimo dell’avvio del Concilio Vaticano II – l’11 ottobre 1962 – dedica speciale attenzione in chiave diocesana anche il settimanale Vita Trentina in edicola giovedì 13 ottobre.

Oltre all’editoriale dello storico Maurizio Gentilini che colloca la prima seduta conciliare dentro una stagione difficile e promettente per la Chiesa e per il mondo, viene ripercorsa l’opera di divulgazione che l’arcivescovo Alessandro Maria Gottardi portò avanti fin dai primi anni: egli partecipò alla prima sessione da perito (consulente esperto) e alle altre tre da Arcivescovo, dedicandosi in ogni modo a far arrivare in Diocesi i contenuti innovativi dei lavori conciliari, facendosi aiutare anche dai sacerdoti trentini (come mons. Rogger, mons. Piechele, mons. Vielmetti e mons. Visintainer, che avevano studiato a Roma in quegli anni).

In un’intervista a Vita Trentina nel trentennale del 1992, Gottardi disse che al Concilio Vaticano II “la Chiesa non è stata inventata, né scoperta, ma riscoperta attraverso quel ritorno alle fonti che è stata la preoccupazione del Concilio stesso. Non ‘società perfetta, ma ‘popolo di Dio’ in cammino verso la patria, orientata dalla Parola di Dio, alimentata alle fonti dei sacramenti”. Gottardi parlava di “un ideale di santità non intimistica e limitata ad ideali ascetici, ma rivolta ad orizzonti di carità, sia al suo interno che nel confronto con altre religioni o realtà del mondo. Direi – concluse con un’immagine plastica – una Chiesa in ginocchio davanti al mondo, non per adorarlo ma per pregarlo di convertirsi a Dio”.

Nella foto, da sinistra, mons. Gottardi a Roma per il Concilio insieme a mons. Joseph Gargitter, vescovo altoatesino.