L’arcivescovo Lauro Tisi ha incontrato gli operatori sanitari di Primiero Vanoi e Mis venerdì 23 maggio, durante una serata all’oratorio di Pieve, nel contesto della sua Visita pastorale. Davanti a medici, infermieri, assistenti sociali e responsabili delle RSA e dei distretti sanitari, ha lanciato un messaggio chiaro: “serve una rivoluzione culturale che metta al centro la relazione, la cura e la valorizzazione della fragilità”.
“Ripartire dalla fragilità”
Don Lauro ha raccolto le testimonianze degli operatori, molte delle quali – ha sottolineato – “segnate da lacrime di commozione”. Ha espresso profonda gratitudine per chi, ogni giorno, si prende cura dell’altro nel silenzio, spesso lontano dai riflettori. “O l’umanità si costruisce a partire dalla presa in carico della fragilità, o si dissolve”, ha affermato con forza.
In un tempo segnato da individualismo e chiusura, Tisi ha indicato nella prossimità e nell’ascolto la vera via da percorrere. Ha parlato della “via del cuore”: una relazione autentica, capace di costruire legami e comunità. “Sofferenza e fragilità possono diventare luoghi di comunione e umanizzazione, se accolte con cuore aperto”, ha detto.
Fine vita: “Non servono risposte astratte, ma relazionali”
Richiamando la sua esperienza personale – la perdita del padre a sei anni – l’Arcivescovo ha condiviso la sua sensibilità sul tema del fine vita. “Chi fa domande sul morire non cerca risposte metafisiche, ma relazionali. Serve presenza, ascolto, empatia”, ha detto. Ha citato anche esperienze di hospice, dove si riscopre, anche senza fede, il valore spirituale dell’accompagnamento.
“Solo il contatto umano permette una vera progettazione”
Monsignor Tisi ha criticato la burocrazia che soffoca il senso del lavoro sociale. “Solo il contatto con le persone permette progettazione vera”, ha affermato, elogiando chi opera quotidianamente accanto alla sofferenza. “L’amore gratuito è ciò che dà significato alla vita e al lavoro, anche senza risultati visibili”.
Costruire insieme una società più umana e solidale
L’Arcivescovo ha concluso l’incontro con un forte appello: la cura dei più fragili non è un compito solo degli operatori, ma di tutta la comunità. “Solo in una logica di interdipendenza tra servizi e persone si può costruire una società capace di speranza, umanità e amore concreto”.