L’ecumenismo del quotidiano

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Convegno nel cinquantesimo della Commissione ecumenica

«Per quanto riguarda l’ecumenismo siamo all’anno zero»: con queste parole l’arcivescovo Lauro sembrava spiazzare la rievocazione dei 50 anni di Commissione ecumenica, e relativo cammino targato diocesi di Trento che pure ha segnato tappe fondamentali, come è stato ricordato alla rievocazione di sabato scorso al Vigilianum.  «A guardare in giro il dialogo ecumenico e lo stesso Dio sono del tutto assenti dal dibattito pubblico» spiegava con amarezza, ma proprio alla luce di quanto mostrato dal direttore dell’Ufficio diocesano, Alessandro Martinelli – «50 anni in 50 scatti» – affermava: «Se Dio riuscirà a tornare nel dibattito pubblico, non sarà certo per merito di qualche illuminato teologo, bensì per la testimonianza di quanti testimoniano la Parola». Quella Parola su cui monsignor Tisi, ricordando il momento dell’ordinazione episcopale con l’imposizione del Vangelo, ha annunciato di puntare per i prossimi anni. Senza dimenticare che «la partita ecumenica si gioca con quella dell’accoglienza, perché le due questioni non possono essere separate. Purtroppo la nostra società ha insozzato il volto di Cristo perché dà fastidio quel passo di Matteo 25 “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare …”». Prima di lui si erano avvicendati gli interventi. «Non un nostalgico amarcord, bensì uno sguardo in avanti» ha premesso l’attuale delegato, don Andrea Decarli. Sulla stessa lunghezza d’onda don Cristiano Bettega, dal 2013 direttore dell’Ufficio nazionale CEI e «orgoglioso di essere figlio della Chiesa di Trento». «Sono le persone che hanno fatto il cammino e la gratitudine motiva l’incontro» spiegava don Decarli. Nella Sala del Vigilianum sono scorse così immagini di mezzo secolo di ecumenismo: chi ci ha preceduto nella Casa del Padre come Dante Clauser, Silvio Franch, Armando Bisesti, Ezio Cadonna, padre Nilo, Iginio Rogger e i vescovi Gottardi, Sartori, i patriarchi Nikodim e Demetrio, il rabbino Laras e Silvana Jellici Formilan. E insieme a loro padre Enrico Sironi già parroco a Sanzeno, frère Alois di Taizé, don Antonio Sebastiani delegato precedente e il vescovo Bressan, i pastori luterani di Merano fino al vescovo  Karl-Hinrich Manzke di Schaumburg-Lippe protagonista lo scorso ottobre in Cattedrale della reciproca lavanda dei piedi con il vescovo Lauro. «Oggi, in una società multiculturale e multireligiosa, la sfida non è più quella di essere tessitori di dialogo, bensì diventare “tracciatori di senso”» ha sottolineato Martinelli. «Non ero competente, ma avevo la teologia di un “povero cristiano”» dichiarava Gianfranco Azzolini della Comunità di San Valentino di Ala e membro della Commissione iniziale – chiamato insieme a Paolo Rasera e Maria Teresa Pontara Pederiva a offrire una testimonianza. «Le cose, talvolta, nascono del tutto casualmente» spiegava Rasera, rievocando un’idea dell’allora cappellano del Santissimo, don Valerio Piffer, di accompagnare un gruppo di giovani a Taizé dove negli anni hanno incontrato  personaggi come il vescovo di Recife, dom Hélder Câmara, ma soprattutto  imparato uno stile di vita: «vivere con la facilità di incontrarsi e ascoltare». E’ la vera sfida di oggi, l’ecumenismo del quotidiano fatto di incontri e relazioni, sintetizzava Pontara Pederiva sottolineando come il cammino ecumenico si sia inserito in quella straordinaria esperienza umana e culturale che era il Centro Bernardo Clesio.  «L’ecumenismo della gente precede i vertici», diceva don Silvio e anni dopo papa Francesco parla di «comunione in cammino». «La cura di ristabilire l’unità riguarda tutta la Chiesa, e in essa ognuno secondo le proprie capacità» recita il Sinodo. Come dire «ciascuno faccia la sua parte». Alcuni costruiscono muri, noi cerchiamo di superare quelli che già esistono a partire dai muri dell’egoismo e dell’indifferenza che ci impediscono di vivere con responsabilità nel creato – che appartiene a tutti – riscoprendo il senso dell’”abitare insieme”. mtp