La Chiesa trentina ripensa la missione

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Da don Beppino a don Cristiano: il “passaggio di consegne” alla guida del Centro Missionario
Da don Beppino a don Cristiano: il “passaggio di consegne” alla guida del Centro Missionario ha segnato mercoledì 4 luglio in Seminario di Trento l’incontro estivo dei missionari, con una cinquantina di partecipanti e persone provenienti dai cinque continenti. I dettagli nel servizio del settimanale Vita Trentina, Leggi tutto….
Il “passaggio di consegne” alla guida del Centro Missionario ha segnato mercoledì 4 luglio in Seminario di Trento l’incontro estivo dei missionari, con una cinquantina di partecipanti e persone provenienti dai cinque continenti: dall’Amazzonia, al Ciad, al Mozambico, all’Ecuador, fin dalla “lontana” Ungheria, nel cuore dell’Europa, oggi terra di forti contraddizioni nel respingimento intransigente dei migranti e nel proporre un modello di un nazionalismo esasperato ed angusto.

don Cristiano Bettega

Anche l’Arcivescovo Lauro per tutta la giornata in mezzo missionarie e missionari anziani, ma giovani nello spirito, ancora intraprendenti, combattivi dopo 61 anni di presenza nel sertao brasiliano o 48 anni nella cordigliera ecuadoriana e così via…e alcuni rappresentanti dei giovani volenterosi  che fanno riferimento al Centro missionario.

Fin dall’inizio della giornata guidata da Tatiana Brusco è stata espressa riconoscenza a don Beppino Caldera per nove anni direttore lungimirante e intraprendente nell’osare vie nuove, a partire da un protagonismo dei migranti dentro la Pastorale: “ti ringraziamo per le tua inquietudine e per i tuoi stimoli”, ha detto l’Arcivescovo, che ha poi presentato il nuovo responsabile don Cristiano Bettega nell’ambito dell’area pastorale della “Testimonianza e impegno sociale”. I vari appuntamenti missionari – a partire dalla veglia diocesano a cui inviteremo anche le altre realtà pastorali – non devono essere più avvertiti come eventi di settore, ha precisato mons. Tisi.

Monsignor Tisi saluta alcuni dei missionari intervenuti

I missionari intervenuti hanno sottolineato il fatto che al Centro Missionario, loro, si sono sempre sentiti come a casa. L’apertura agli altri, la mondialità, non come mera assistenza ma come esigenza di giustizia ispirata dal Vangelo, sono due cifre che caratterizzano la vita di queste donne e di questi uomini, partiti tanti anni fa,  magari con esigenti proposte di evangelizzazione e poi “cambiati” dalle situazioni e dai contesti. Trasformati come “un povero sacco vuoto“ che via via si è riempito delle richieste, delle sofferenze, dei gemiti e delle speranze delle persone in carne ed ossa che quotidianamente incontravano sul loro cammino.

Se l’età anagrafica sembra condannare questo specifico mondo ad una progressiva scomparsa, d’altra parte l’animazione dei gruppi parrocchiali o decanali (aldilà del riferimento ad un proprio missionario di zona) sono un motivo di fiducia. Anchse se composti da poche persone, magari stanche, questi piccoli gruppi sono il segno di una presenza che travalica il piccolo contesto e si unisce al missionario di riferimento; il fatto che il mensile di collegamento “Comunione e Missione” sia spedito agli indirizzi di cinquemila famiglie e persone è la conferma di una rete di affetti e di impegni che non viene meno. Così come il canale settimanale di Vita Trentina, sempre attesa dai missionari, che il nostro direttore Diego Andreatta ha presentato come un veicolo doverosamente aperto ad un arricchimento reciproco.

Cambiano le persone ma l’animazione missionaria continua, come impronta di una passione che rivitalizza. Anche nella fatica di trovare punti di coerenza nello stile di vita di ciascuno, innanzitutto, per non trovarsi con persone che la domenica frequentano la Messa ma poi se la prendono, facile capro espiatorio, con i migranti.

E allora – ci si è chiesto – quale è il futuro della missione? Non si tratta di arretrare in questo frangente storico in cui la chiesa trentina è ancora presente coi suoi 205 missionari in ben 58 nazioni nel mondo. Ma per il futuro don Lauro ha indicato qualche attenzione nuova. Sarà forse necessario fare fare qualche scelta di campo e individare alcune situazioni nei vari Continenti in cui privilegiare un impegno della diocesi trentina; dove “investire” in una relazione non solo non con il singolo missionario, ma con un’equipe missionaria composta magari anche da religiosi, religiose e qualche laico, a partire da un rapporto di collaborazione con la Chiesa locale che li accoglie. Ma ciò deve avvenire – è l’auspicio del nostro vescovo – nella logica dello scambio, e non individuale ma di piccolo gruppo, di volitiva comunità, in cui si dà e si riceve e magari ci si accorge che è molto di più quanto si riceve in testimonianza e grazia. Così risulta conseguenziale il superamento di distinzioni troppo rigide, come, ad esempio, la differenza tra missionari diocesani “fidei donum” e religiosi delle diverse congregazioni o istitui ecc.; tutti, infatti, hanno rimarcato la loro appartenenza diocesana e il ruolo molto positivo e unificante del Centro missionario dove tutti “ci sentiamo accolti e valorizzati come figli di questa chiesa di Trento e non per l’istituto di appartenenza”.

“La missione come qualcosa di necessario”, è stato ripetuto. E’ un’idea attuale e contestualizzata di vivere il vangelo, al passo col tempo, attenta ai “segni dei tempi”. Se c’è una cosa che stupisce in tante persone ormai anziane – aduse per lunghi anni a “spendersi” per gli altri senza calcoli e con grande passione – è il non rimanere arroccate sulle proprie posizioni, pur con qualche resistenza; nessuna rendita di posizione, ma l’assunzione delle novità che la realtà quotidiana propone come esigenza per rendere sempre nuovo un “antico” messaggio, la bontà del vino nuovo in otri nuovi. La celebrazione eucaristica e il momento conviviale del pranzo hanno concluso la riunione delle missionarie e dei missionari in vacanza che ogni anno riserva positive sorprese: l’incontrarsi e conoscersi, scambiarsi esperienze e pensieri, nel segno di una “missione” che, a dispetto delle apparenze, non viene affatto meno. (Roberto Moranduzzo)

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