«Ciò che Gesù ha annunciato nel Vangelo è già realtà: tra noi vivono discepoli e discepole provenienti da ogni parte del mondo. La loro presenza ha ridato vitalità a molte comunità. Un segno concreto è il coro che anima il nostro Giubileo missionario, formato interamente da persone migranti».
Con queste parole l’arcivescovo Lauro Tisi ha sottolineato come siano stati proprio i migranti i veri protagonisti del pellegrinaggio giubilare vissuto ieri sera per le vie di Trento, insieme a una decina di missionari trentini, tra i quali il vescovo emerito di Mossorò, mons. Mariano Manzana, e la laica Daniela Salvaterra, impegnata da anni in Perù.
Tre voci dal mondo
Durante la prima tappa del cammino, nella chiesa di San Francesco Saverio, si è ricordato che i migranti e i rifugiati sono oggi “testimoni e messaggeri di speranza”. La celebrazione, animata dal Centro Missionario Diocesano e dal gruppo “Migrantes” guidato da padre Tullio Donati, ha dato spazio a tre intense testimonianze.
Anzitutto suor Aparecida, religiosa brasiliana delle Suore della Provvidenza, ha raccontato l’esperienza di servizio alla Mensa della Provvidenza, invitando a vivere l’Anno Santo come occasione per mostrare il volto accogliente della Chiesa.
Quindi la voce di un giovane rifugiato pakistano ha condiviso il dolore della fuga dal suo Paese dopo un’accusa improvvisa di blasfemia che aveva messo in pericolo anche la sua famiglia.
Infine, l’operatore di pace Marco Baino ha richiamato l’attenzione sul dramma di Gaza, invitando i cristiani a sostenere con la preghiera e con gesti concreti le popolazioni innocenti vittime della violenza.
Il ricordo di padre Flavio
All’inizio della Messa mons. Tisi ha raccolto queste voci come segni di speranza, accanto ai missionari “testimoni di una Chiesa che sa uscire e partire, frutto della sua fecondità”.
Nel giorno del funerale a Nanno, l’Arcivescovo ha anche ricordato padre Flavio Paoli, ringraziando per la sua testimonianza di amore a Cristo e alla Chiesa, e per la generosità di tanti volontari che si sono prodigati nella ricerca del suo corpo. Ha richiamato pure la figura di don Mauro Leonardelli, scomparso quest’anno e già responsabile del Centro Missionario.
Un segno particolarmente eloquente ha accompagnato l’offertorio: un giovane ha portato all’altare alcune paia di scarpe, simbolo dei tanti passi dei migranti in cerca di vita migliore e dei missionari che, per vocazione, percorrono strade lontane per incontrare l’altro.
Nella preghiera, mons. Tisi ha rivolto ancora un pensiero alla Terra Santa, chiedendo di non tacere di fronte al dramma di Gaza e alle tante guerre che continuano nel mondo.
L’omelia dell’Arcivescovo
Commentando la chiamata di Abramo, mons. Tisi ha invitato a superare chiusure e paure per andare incontro ai fratelli in un mondo segnato da muri e barriere. «Neppure la Chiesa – ha ricordato – è immune dal rischio dell’autoreferenzialità, anche nell’ambito della carità, quando ci si limita a erogare servizi senza incontrare veramente il volto del povero».
Ha quindi richiamato l’esigenza di “un esodo da sé stessi”, per lasciare morire l’Adamo vecchio e lasciar nascere Cristo in noi.
Riprendendo quanto detto il giorno precedente ai sacerdoti trentini, l’Arcivescovo ha invitato a riscoprire la centralità dell’Eucaristia, sottolineando che l’attivazione dei “fuochi eucaristici” rappresenta una grande occasione per superare ritualità stanche e divisioni, e lasciarsi convocare dalla forza del pane spezzato.
«Chiedo in particolare ai gruppi missionari – ha concluso – di aderire con convinzione a questa iniziativa, perché i fratelli migranti possano sentirsi accolti e condividere con noi la mensa eucaristica».
Un ampio approfondimento sarà pubblicato sul prossimo numero di Vita Trentina.
Foto Zotta