Festa di S.Vigilio 2025 7

“O fraternità o solitudine. Una pace generata dalle armi è follia”. A San Vigilio l’appello accorato del vescovo Lauro alla Chiesa e alla comunità trentina

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“Non c’è alternativa: o fraternità o solitudine. La fraternità non è una questione né religiosa, né culturale. La fraternità e la questione essenziale dell’umano: o fratelli e sorelle, oppure soli, nient’altro che soli”. È l’appello accorato dell’arcivescovo Lauro Tisi alla comunità trentina, in occasione del solenne pontificale del patrono San Vigilio, questa mattina in cattedrale. La Messa è stata preceduta dalla tradizionale processione partita dalla chiesa di Santa Maria Maggiore, dove è stato ricordato il compianto don Mauro Leonardelli e si è pregato per quanti vivono giorni di malattia, in particolare don Andrea Decarli, parroco del Duomo e di S. Maria e delegato diocesano per la cultura.

Festa di S.Vigilio 2025A dare ulteriore solennità alla liturgia, animata dalla Cappella musicale del Duomo, la presenza insieme a tanti fedeli e a monsignor Tisi di altri tre vescovi trentini: l’emerito di Trento monsignor Luigi Bressan, il vescovo emerito di Mossorò in Brasile monsignor Mariano Manzana e il comboniano monsignor Giuseppe Filippi, vescovo emerito della Diocesi di Kotido (Uganda).

“Abitati da cronica sfiducia nell’umano”

La premessa all’appello di don Lauro alla fraternità è l’amara constatazione che “il futuro immaginato come promessa, opportunità, novità sembra non essere più la nostra esperienza”. “Forse – azzarda monsignor Tisi – l’ultima volta in cui l’umanità nel suo insieme assaporato il futuro come chanche, forza e vita è stato il momento in cui l’uomo ha messo il piede sulla luna, ma l’emozione è durata poco”.

La minaccia, secondo l’Arcivescovo, deriva dalla “cronica sfiducia che noi abbiamo nei confronti dell’umano, immaginato un po’ da tutti come il terreno insidioso dove continuamente deve guardarsi alle spalle”.

“Dobbiamo ammetterlo – ancora don Lauro – questa diffidenza cronica nei confronti degli altri” che  “appaiono come insidia, come nemici, avversari”. Di qui l’assenza di speranza per il futuro “perché un io – nota – emancipato da tutto e da tutti anziché produrre libertà, fiducia, sogno, partecipazione va ad alimentare, sospetto, solitudine, angoscia e conflitto”.

“Cristo uomo nuovo, provocazione per la Chiesa”

Nel commentare le parole di Paolo agli Efesini – “eravate senza Cristo, senza speranza, senza Dio” – don Lauro le traduce come “eravate senza fiducia vicendevole, senza la capacità di alzarvi al mattino e di attivare la fiducia e la speranza”.

Qui si innesta la novità di “Gesù Cristo che ha posto nell’umano un’alternativa: incontra l’altro, vivi per l’altro, liberati dalle sabbie mobili dell’ego, abbraccia, fidati e troverai la vita. Questo è il nucleo del Vangelo!”

Una provocazione evidente per la Chiesa, è “l’uomo Gesù che passa le sue prerogative agli uomini e alle donne che incontra e vuole che l’umano diventi il terreno del fidarsi, dell’affidarsi, del vivere per perdonare, incontrare, abbracciare: questa è la Chiesa, l’uomo nuovo, niente di meno di questo”, al di là delle troppe disquisizioni.

“Chiesa di Trento devi svegliarti!”

Il monito di Tisi si fa diretto alla Chiesa di Trento: “Devi svegliarti – sottolinea con forza l’Arcivescovo – perché se non fai presto e non fai sì che le tue comunità conoscano questo umano nuovo del fidarsi, dell’abbracciare, del perdonare, torneranno le nostre valli ad essere come erano nel momento in cui Vigilio ha dato il via all’evangelizzazione quando il nome di Cristo era forestiero”.

Per don Lauro serve una “scossa, per far diventare le nostre comunità non un luogo dove si manda in onda un po’ di ritualità ma dove si mandano in onda rapporti nuovi rapporti, dominati dalla fiducia”. “Di questa Chiesa – rileva – hanno bisogno anche coloro che non credono. Questa Chiesa non fa paura a nessuno, non deve temerla nemmeno un non credente, perché sfido chiunque a temere uomini e donne che invertono la rotta e che al posto di dire ‘io’ dicono ‘noi'”.

“Una pace generata dalle armi è follia”

La conclusione di don Lauro è un ritratto concreto e universale della speranza legata a Gesù Cristo, dove “l’umano non è più terreno del conflitto ma del confronto che non teme le differenze. Con Lui, la via del perdono non è più l’opzione debole di chi è senza personalità, ma è l’alternativa coraggiosa alla logica della ritorsione e della vendetta. Con Lui –  e don Lauro scandisce la frase due volte – la prospettiva di una pace generata dalle armi e dalla violenza non ha spazio: è follia e non senso. Con Lui, il gratuito diviene terreno in cui far correre la vita e la creatività. Con Lui, l’uomo conosce l’ombra dell’errore e del fallimento, ma non è mai sbagliato e da buttare. Questa è la vita eterna che già germoglia nel presente per trovare il suo compimento alla fine della storia”.

Il dono dell’olio e la benedizione del pane

All’offertorio, il consueto dono da parte del sindaco Franco Ianeselli – in rappresentanza della città capoluogo e di tutte le autorità civili e militari presenti – dell’olio per la lampada che arde davanti all’urna con le reliquie di San Vigilio segno di inclusione e dialogo. Prima della conclusione della Messa, la benedizione del pane di San Vigilio, dono dell’Associazione Panificatori e simbolo di condivisione e solidarietà, distribuito in seguito a tutti in piazza.

“Al di là”, ecco la nuova Lettera alla comunità

Al termine della solenne celebrazione, l’Arcivescovo Lauro ha presentato la sua nuova Lettera alla comunità dal titolo “Al di là“, a dire anzitutto che “se vado al di là di me – precisa- faccio fiorire la vita, se rimango attorno a me, muoio. Concetto che può valere per credenti e non credenti”.

Festa di S.Vigilio 2025Ad ispirare il testo in cui si affronta il tema della morte e dell’eternità “l’esperienza forte che ho vissuto – confessa don Lauro – con don Mauro, ma anche in Visita pastorale con alcune persone che veramente mi hanno edificato nel loro affrontare la morte con una incrollabile forza di fede”. Tra le motivazioni don Lauro adduce anche “il fatto che ogni giorno noi vediamo la morte” sui media, che rischiano però di essere solo numeri e non volti. “La morte resta per credenti e non una grande domanda. E anche la vita eterna non la dobbiamo immaginare come qualcosa che inizia dopo la morte, ma c’è una vita eterna che è già qui e chi è questa vita del Cristo che è fidarsi degli altri”.

FOTO GIANNI ZOTTA