“Una vita (beata) illuminata dal Regno”. In cattedrale la festa della vita consacrata con il vescovo Lauro. “Cerchiamo il Dio di Gesù Cristo, non le opere di Dio”

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“Se abbiamo paura noi della morte c’è qualcosa che non va. Vado serena perché, come ci ricorda Sant’Agostino, esistiamo proprio per raccontare che esiste la vita beata”. La confidenza al vescovo Lauro di una suora ultranovantenne, tra i tanti religiosi trentini purtroppo vinti dal Covid, diventa icona della festa della vita consacrata in tempo di pandemia, celebrata martedì 2 febbraio in cattedrale con i vespri solenni.

“In questi mesi abbiamo potuto frequentarci poco, ma ho pregato ripetutamente per le vostre comunità, ricordandovi al Signore. Ho apprezzato importanza della vita religiosa per la nostra Chiesa”, sottolinea don Lauro nel saluto iniziale e precisa: “In voi c’è la possibilità di vedere concretamente che il Regno può diventare quello che basta per illuminare una vita: questo è il senso della vita consacrata. E grazie – sottolinea ancora Tisi – anche dai tanti poveri e ultimi che con la vostra attività apostolica andate a servire e aiutare”.

Tra i banchi – pur nelle limitazioni detatte dall’emergenza – una nutrita rappresentanza delle famiglie religiose e sul presbiterio, accanto al vescovo Tisi, anche monsignor  Francesco  Sarego vescovo emerito di Goroka Papua nuova Guinea, verbita da anni al Varone e padre Giancarlo Girardi, pure verbita, delegato per la vita consacrata: da lui il grazie all’Arcivescovo per l’attenzione particolare di questi mesi: “Vogliamo essere – dice padre Giancarlo – testimoni della luce nonostante le difficoltà di ogni giorno”.

Nell’omelia dopo il Vangelo di Luca (Presentazione di Gesù al Tempio) don Lauro torna sulle fatiche di quest’ultimo anno: “Tutte le comunità religiose sono state toccate dalla pandemia e diverse hanno salutato tanti fratelli e sorelle che non ce l’hanno fatta. Ringrazio il Signore perché hanno scritto pagine meravigliose di Vangelo vissuto. Grazie a tutti voi per la dignità e la compostezza con cui avete vissuto quarantene e prove: ho ammirato le vostre comunità”.

Davanti al braciere posto sul presbiterio, alimentato dalla preghiera e dall’incenso deposto a turno dai consacrati (foto Zotta), don Lauro ha ricordato le “belle provocazioni che nonostante tutto arrivano dall’ambito vocazionale” ed espresso un “grazie per la Chiesa delle genti già realizzata nelle comunità religiose”. Dall’arcivescovo anche una salutare provocazione: “Anna, racconta il Vangelo, si mise a lodare e a parlare del bambino. Spesso parliamo senza speranza. Vorrei che stasera, come Anna, prendessimo tra le mani il Bambino di Betlemme ricordandoci che è lui il nostro racconto, la nostra notizia. Vi invito a contemplare Gesù di Nazareth, lo specifico di una vita credente. I voti di povertà, castità e obbedienza chi li giustifica? Gesù!”. Infine la citazione del cardinale Van Thuan: “Cerchiamo il Dio di Gesù Cristo, non le opere di Dio”. “Il pericolo della pandemia – conclude don Lauro – è che stiamo aspettando di ripartire a riempire agende e attività e aprire strutture. Ripartiamo con Gesù Cristo tra le mani: niente ci può far paura!”

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