San Romedio, cinquemila in festa al santuario noneso. L’arcivescovo Lauro: “Richiamo misterioso di Dio che nel silenzio abita e si fa incontrare, segno di un uomo desideroso di domande”

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Una grande manifestazione di fede popolare e di condivisione di una comune preoccupazione per il futuro del pianeta, con una guerra sempre più cruenta che lacera la vecchia Europa e un destino ambientale drammaticamente a rischio. È stata una festa di San Romedio particolarmente ricca di suggestioni quella celebrata nel fine settimana culminato in questa domenica 15 gennaio – finalmente senza limitazioni Covid – nel santuario arroccato sulla ripida rupe nel cuore della val di Non.

Almeno duemila persone nella rigida serata di sabato per la camminata nella notte partendo dal sagrato della basilica di Sanzeno per condividere lungo il cammino riflessioni sulla sfida ecologica alla luce della Laudato (con le meditazioni del priore dell’eremo p. Giorgio Silvestri e il commento di Gianmaria Beccari, giovane filosofo di Imola, ideatore delle “passeggiate filosofiche”). Non meno di cinquemila, secondo le prime stime, nella domenica della ricorrenza, molti saliti in quota scarponi ai piedi e bastoncini in mano, per vivere insieme la parte più religiosa con le tre s. Messe – la principale, al mattino, presieduta dall’arcivescovo di Trento Lauro Tisi – e condividere il piatto del pellegrino, rigorosamente a base delle tradizionali trippe.

Tisi: “La vita sia la danza di chi ama”

Nella folla assiepata nella chiesetta sorta ai piedi del giaciglio – ora tomba – dell’eremita medioevale che diede nome al santuario, l’arcivescovo Lauro legge il “bisogno del distacco dal rumore, per ascoltare la profondità di noi stessi. E far sì che la vita sia la danza di chi ama e non il luogo di chi cammina in solitudine, lontano dall’amore”. Monsignor Tisi vi riconosce anche un “bisogno di riconciliazione con il creato e la voglia di stare insieme. È il richiamo misterioso di Dio che nel silenzio abita e si fa incontrare, e di un uomo desideroso di silenzio e di domande“. 

A precedere don Lauro, il saluto di padre Silvestri che attesta come San Romedio sia una lezione di santità che va ben oltre i confini: “ho incontrato – racconta – gente anche da molto lontano, da Ferrara, Bergamo, Brescia, dal Veneto. Solo nell’ultimo mese il profilo Facebook del santuario ha registrato ben 245 mila visualizzazioni. Ne siamo felici”.

“Ecco il Dio Agnello di Gesù Cristo” 

Nel commentare il Vangelo di Giovanni e l’immagine del “Dio agnello” rappresentato da Gesù, monsignor Tisi censura quella “Chiesa che racconta di una potenza mondana e non di quella innovativa del Dio di GesùUn Dio indigente e mendicante che non si vergogna di dire ho bisogno” e così manifesta la propria forza: “Il Dio di Gesù di Nazareth, proprio perché forte, non ha alcun imbarazzo ad uscire da se è incontrare. Se non sei capace di dialogo forse sarai potente ma non forte. Chi sente che per vivere deve uscire da sé sottolinea che la forza è essere comunione e incontro. Fuori dalla comunione non c’è vita. Se vi sentite accolti e amati e a vostra volta accogliete e amate, quelle – assicura l’Arcivescovo – sono le ore in cui l’uomo sta bene”. 

Don Lauro cita la diffusa espressione “essere sopra come l’olio”. “Tutti – nota – rifiutiamo questa definizione. Perché sappiamo che se non c’è relazione e comunione possiamo avere l’oro ed in realtà non possedere nulla. L’uomo è il grande sogno di un Dio che è festa della comunione. Il nostro Dio non ci ha creati per inserirci in un percorso rituale-religioso. L’omaggio del nostro Dio è l’essere il suo incanto, perché anche quando tutte le mani ti molleranno, Dio non ti abbandonerà, perché Egli è madre, lavora per portare a casa i suoi figli, non vuole sudditi e schiavi, ci ha creati liberi, e proprio come una madre gode se il proprio figlio la sopravanza”.  

“La guerra, arretramento dell’umano” 

L’Arcivescovo torna per ben due volte a citare le immagini drammatiche dell’Ucraina: “Portiamo questo popolo davanti al Signore, per chiedere il dono della pace” sottolinea all’inizio della Messa, animata dalla corale di Tassullo, mentre in conclusione dell’omelia attribuisce la guerra “all’arretramento dell’umano”. “Non scomodiamo il cielo per il male del mondo. Cerchiamo – ammonisce Tisi – di non essere uomini della guerra corpo a corpo, ma uomini dell’abbraccio. Per fortuna a tutte le latitudini, anche sotto il cielo drammatico delle guerre, ci sono uomini e donne, sedotti da questo nostro Dio, che scrivono pagine di riconciliazione, fraternità e vita. È accaduto nelle guerre mondiali, quando sono stati soccorsi i fratelli e si è regalato sollievo nei campi di concentramento. Questo è il modo di onorare Romedio, perché questo è il Dio che ha portato qui Romedio e che l’eremita ha frequentato. E Romedio non vuole che parli di lui ma di questo Dio, Signore della vita, Gesù Cristo morto e risorto. Posso lasciare ogni cosa per questo mio Signore che mi dà la libertà”.

“La politica costruisca armonia” 

Davanti a don Lauro, mescolati tra i fedeli, molti rappresentanti della politica e delle istituzioni (a cominciare dal presidente della Provincia Fugatti e dal senatore De Bertoldi) e pure gli Schützen della val di Non: “Grazie alle autorità per questo segno di attenzione per la nostra Chiesa. Per loro – conclude l’Arcivescovo – chiedo il dono di saper lavorare per costruire armonia, comunione e incontro”. (pf)

FOTO: CARLO BERTAGNOLLI