“Il coraggio di essere fragili, nella libertà”

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Dialogo Galanti-Ronchi per la conclusione della Cattedra del Confronto

Con la pedagogista Maria Antonella Galanti e il teologo Ermes Ronchi, chiamati a confrontarsi sul tema della “fragilità”, si è conclusa lunedì 3 aprile in un’affollata Sala della Cooperazione, a Trento,  l’edizione 2017 della Cattedra del Confronto dedicata a “Le parole dell’oggi” (le altre: complessità e velocità). La Cattedra è promossa dall’Ufficio diocesano Cultura, in collaborazione con alcuni docenti dell’Ateneo trentino.

“Siamo tutti interpellati dall’esperienza della nostra fragilità personale che a volte emerge con tutta la sua evidenza inaspettatamente e in modo drammatico – ha detto nel saluto introduttivo don Andrea Decarli, direttore dell’ufficio diocesano Cultura -. Oggi sembra risultare accentuata al punto da parlare di una “fragilizzazione” dei legami. Se ogni dimensione della vita umana – affettiva, relazionale, culturale, istituzionale – è pervasa dalla fragilità, essa indica anche ciò che è delicato, prezioso e richiede cura e attenzione: è ombra, ma può essere grazia quando la coscienza del limite si apre alla comprensione dell’altro e siamo capaci di viverla come trampolino di lancio per relazioni più autentiche”.

All’introduzione del tema è seguita la riflessione degli ospiti che hanno messo in evidenza gli aspetti positivi di una dimensione costitutiva dell’uomo quale la fragilità.

“Farò un elogio della fragilità – ha esordito Galanti -: è un termine con fortissima ambivalenza che indica lo spingersi oltre confini, verso l’altro. Fragilità e resilienza sono termini presi in prestito dall’ingegneria, si riferiscono alla materia, la psicologia li usa per indicare la reazione dell’uomo a determinati eventi: la prima indica l’incapacità psichica di sopravvivere ad una crisi, la seconda la capacità di riuscire a resistere in essa, ma si esce da quella esperienza diversi, perciò essere resilienti significa riuscire a cambiare. Viviamo in una società in cui la felicità è ostentata, apparente, seriale, e i conflitti vengono negati, ma essi sono inevitabili e la gioia e la pace si raggiungono attraversandoli. La fragilità è legata all’oblio: non possiamo controllare la memoria, i ricordi. Siamo fragili perché non possediamo la nostra vita e perché siamo definiti dalla continua dialettica tra pieno e vuoto: nascere è venire al mondo, alla libertà, ma anche alla mancanza di tutto. Bisogna educare al coraggio della fragilità: le persone forti sono quelle che non si vergognano della propria fragilità”.

 

“Siamo al mondo non per essere perfetti – ha detto Ronchi -, ma per iniziare percorsi: la nostra vocazione non è arrivare, ma salpare. Siamo creature, participio futuro che indica che qualcosa sta per accadere: sono in cammino per essere creato, sto per sorgere. L’uomo perciò è un essere natale più che mortale. La fragilità emerge dalla Bibbia come terra promessa di Gesù: il suo sguardo è sempre rivolto agli ultimi e alle anfore rotte, non guarda il peccato ma la povertà e la sofferenza. L’uomo è come un semi-arco, la forma architettonica più fragile, ma se ne appoggiamo uno all’altro, otteniamo la forma più solida, quella su cui si costruiscono cattedrali. La fragilità è fonte generativa di legami: sono debole, ho sempre bisogno di un tu, esistere è coesistere. Anche Dio è fragile: la sua fragilità è la libertà dell’uomo, ma Dio risponde ai suoi tradimenti dando fiducia immeritata e inventando nuovi rapporti e alleanze. Egli non salva dal dolore, ma nel dolore, è il Dio vasaio venuto per le pietre scartate che ti rimodella con forza paziente. La misericordia divina è l’arte di riparare cocci inutili, fa di ciò che è rotto un canale che porta acqua ad altre seti: è la tecnica dei ceramisti giapponesi che valorizzano le fratture di vasi crepati riempiendole di oro. In virtù dell’oro della grazia, dell’energia dello Spirito creatore che non solo ripara, ma ci rende creature più belle, possiamo diventare guaritori feriti che sanno curare gli altri”.

La serata si è conclusa con il saluto dell’Arcivescovo Lauro Tisi, presente in sala: “Ringrazio per i significativi interventi e la vena di poesia e di bellezza che li ha contraddistinti. Alla Chiesa dico: non esibire forza e narcisismo, pénsati a partire dalla fragilità; sarai forte se saprai ricamare sulla fragilità con l’oro del tuo ricominciare. La fragilità è un’opportunità per la Chiesa che continua a iniziare e riparte, seminando senza alcuna pretesa di raccogliere”.

L’incontro di lunedì 3 aprile sarà riproposto dalla radio diocesana Trentino inBlu venerdì 7 aprile alle ore 21.00.

Gli interventi sono riproposti sul profilo Youtube dell’Ufficio diocesano cultura. (Patrizia Niccolini)