“L’umanità ha ancora bisogno di simboli. Simboli anche poveri, che però hanno una carica in sé, come quel comignolo insignificante verso il quale convergeva lo sguardo”. Con queste parole il cardinale Gianfranco Ravasi, ospite d’onore all’inaugurazione del Festival dell’Economia al Teatro Sociale di Trento giovedì 22 maggio, ha offerto una riflessione intensa sul ruolo del sacro, della comunicazione e del senso nella società contemporanea.
Sebbene non abbia partecipato all’ultimo conclave per motivi anagrafici, Ravasi ha spiegato di averlo seguito con attenzione, anche grazie alla sua abitazione affacciata su piazza San Pietro. Proprio da quell’esperienza ha tratto una considerazione più ampia: la necessità, per l’essere umano, di riferimenti simbolici in un’epoca dominata dalla tecnologia e dall’informazione.
“Rito e responsabilità sotto lo sguardo del Cristo di Michelangelo”
Il cardinale ha poi raccontato l’atmosfera solenne che accompagna il conclave, definendolo un “rituale ancora rinascimentale”. Ha sottolineato il momento in cui i cardinali, al momento del voto, si trovano sotto lo sguardo severo del Cristo giudice scolpito da Michelangelo: “Pronunciano una sorta di auto-maledizione: se non sceglieranno chi è degno, che siano condannati da quella figura imponente”.
Un richiamo potente alla responsabilità etica che accompagna ogni scelta di vertice nella Chiesa cattolica.
“Viviamo una bulimia informativa e un’anoressia di senso”
Non è mancata una riflessione critica sulla modernità. Ravasi ha parlato di una vera e propria “bulimia informativa e tecnologica”, dove “quella mano che regge sempre il cellulare contiene un mondo che si muove, una miriade di strumenti per conoscere”.
Ma, ha avvertito, la vera emergenza è un’altra: “L’anoressia dei nostri tempi è quella sul senso della vita”. Una frase che invita a riflettere sull’apparente contraddizione tra accesso illimitato alla conoscenza e povertà di significato.
Il Vangelo come parola che deve ancora inquietare
Nel suo intervento, Ravasi ha ribadito la forza attuale della parola evangelica, citando in particolare il discorso della montagna: “Chiunque lo legge dovrebbe in qualche modo fremere, reagire”.
A margine, ha ricordato un confronto avuto con il filosofo canadese Charles Taylor, autore de L’età secolare. “Mi ha chiesto: cosa accadrebbe oggi se arrivasse Cristo e pronunciasse quelle parole? Ho risposto: arriverebbe un poliziotto a chiedergli i documenti”, ha raccontato. “Dobbiamo fare in modo che quelle parole inquietino ancora”.
Un intervento denso di significati, quello del cardinale Ravasi, che ha saputo intrecciare spiritualità e cultura, fede e società, lanciando un messaggio chiaro: in un tempo frenetico e saturo di stimoli, è urgente recuperare la profondità e il senso. (fonte vitatrentina.it)