Fine vita, a Pozza di Fassa stimolante confronto tra politica, etica, medicina e fede. Vescovo Lauro: “Morire è compimento, non fine”

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Quasi trecento persone hanno partecipato giovedì 21 agosto, a Pozza di Fassa, a una serata intensa dedicata a uno dei temi più delicati e discussi del nostro tempo: il fine vita.

L’appuntamento, dal titolo eloquente “Il coraggio di una scelta”, rientrava nella rassegna culturale Ispirazioni d’estate, giunta alla 16ª edizione e promossa da parrocchie, Apt e comitati con il patrocinio dell’Arcidiocesi di Trento.

Sul palco si sono confrontati il senatore Alfredo Bazoli, primo firmatario di una proposta di legge sulla morte medicalmente assistita, l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi, il filosofo Stefano Semplici (Università Roma Tor Vergata) e il pediatra palliativista Luca Manfredini, direttore dell’hospice pediatrico dell’ospedale Gaslini di Genova. A moderare, il giornalista Andrea Rizzi.

Il nodo politico: una legge che ancora manca

Bazoli ha ricostruito le origini del dibattito giuridico a partire dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, legata al caso di Dj Fabo. La Corte ha stabilito che aiutare una persona a morire non è reato in presenza di quattro condizioni: malattia irreversibile, sofferenze intollerabili, dipendenza da trattamenti vitali e decisione libera e consapevole.

Il Parlamento, come noto, non ha ancora legiferato. Il risultato è un’Italia a più velocità: Oggi Regioni e Asl si arrangiano come possono. È un Far West che genera incertezza e disuguaglianze”. Per Bazoli la sfida è trovare un equilibrio fragile: “Da un lato il rischio del paternalismo di Stato, dall’altro un libertarismo assoluto. Serve una legge che riconosca insieme la tutela della vita e la libertà di autodeterminazione”.

Pubblico folto e attento all’oratorio di Pozza di Fassa

Il dilemma etico: vita e libertà in conflitto

Per il filosofo Stefano Semplici il fine vita non si riduce a un ‘sì’ o a un ‘no’: La vita è un valore fondamentale, ma le costituzioni democratiche riconoscono anche il diritto allo sviluppo della personalità. Quando una persona non attribuisce più valore alla propria vita biologica, siamo davanti a un conflitto drammatico tra due principi legittimi”.

Semplici invita a superare formule rigide come “indisponibilità della vita” o “inviolabilità assoluta”: “Né la vita né la libertà sono assoluti. Occorre un bilanciamento paziente e faticoso. E ricordiamo che il suicidio assistito non è mai una scelta individuale: coinvolge medici, istituzioni, famiglie”.

“Morire è compimento, non fine”

La riflessione dell’arcivescovo Lauro Tisi si è concentrata sull’esperienza pastorale: “Non condivido l’espressione fine vita. Per me il morire è compimento. Negli ultimi istanti ho visto perle straordinarie di umanità: gesti e parole che rivelano la parte più profonda dell’essere umano”. Don Lauro ha denunciato la fragilità del sistema sanitario: “Le cure palliative non sono ugualmente disponibili in tutta Italia. Investire sulla vita significa investire in una sanità che non sia solo un’azienda. Non possiamo ridurre l’umano a numeri o codici fiscali”.

La voce della medicina: dignità e palliativi

Il pediatra Luca Manfredini ha portato le storie concrete dei bambini inguaribili seguiti nel suo hospice. Non mi occupo di guarigioni, ma di accompagnare. Il nostro compito è dare qualità non solo alla vita, ma anche alla morte. Quando un paziente muore ci chiediamo se sia stata una buona morte”. Per Manfredini la vera responsabilità è condividere le decisioni con le famiglie: “Il coraggio di una scelta non è lasciare i genitori soli con informazioni tecniche e pesi insostenibili, ma sedersi insieme a un tavolo. Le cure palliative non danno giorni alla vita, ma vita ai giorni”.

Un dialogo necessario

La serata non ha offerto comprensibilmente risposte definitive, ma ha messo in evidenza la necessità di armonizzare prospettive diverse.

Bazoli ha rilanciato l’urgenza di una legge nazionale. Semplici ha chiesto di non ridurre la complessità a slogan. Manfredini ha mostrato il peso delle decisioni concrete accanto ai malati. Tisi ha ribadito il valore della relazione e del pensiero. “È soltanto dal dialogo – ha concluso don Lauro – che può nascere una vera difesa della vita”. Anche per questo serve coraggio. (pf)

Foto Ufficio Stampa Diocesi Tn

QUI SOTTO L’ARTICOLO PUBBLICATO SU VITA TRENTINA