Nel pontificale di Pasqua debutta la Cappella Musicale del Duomo. Con coro ed organo anche gli strumenti ad arco. Intervista al direttore Paolo Delama

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Nella Messa solenne di Pasqua con l’arcivescovo Lauro, domenica 17 aprile alle ore 10.00, debutta in cattedrale a Trento la ricostituita Cappella Musicale, erede di una lunga tradizione liturgica e artistica. Sarà formata da coro, organo e da alcuni orchestrali (in particolare strumenti ad arco). Maestro di Cappella sarà Paolo Delama, direttore del coro della cattedrale e referente per la Liturgia della Diocesi di Trento che in questa intervista (pubblicata da Vita Trentina) ne spiega la genesi.

Delama, da dove nasce l’idea di ricostituire la Cappella Musicale?

In realtà era già tutto pronto due anni fa. Poi ci ha pensato il Covid ad azzerare tutto. Il progetto nasce dall’esigenza di solennizzare maggiormente le celebrazioni liturgiche più importanti, le solennità di Pasqua, Pentecoste, San Vigilio, Natale, l’Epifania… dove il vescovo si rende presente in Cattedrale per presiedere e per dare un tocco musicale che esprima dignità e bellezza in termini ancora maggiori di quello che finora è stato fatto. Si tratta di un’esperienza che, in questa forma cioè anche con gli strumenti ad arco, era stata interrotta a fine ‘800 e che ora si vuole riproporre, dopo centocinquanta anni, per riallacciare una tradizione centenaria che ha dato lustro alla nostra Cattedrale.

Un po’ come in Alto Adige o in Germania?

Non esattamente. Il progetto non vuole riproporre stilemi o prassi musicali che ci appartengono solo in parte. Per essere chiari non verranno eseguite le Messe di Mozart o di Haydn. Amo questa musica ma porta con sé il rischio di realizzare un concerto nella celebrazione e di diventarne il centro attrattivo anche a causa della conseguente deformazione dei ritmi celebrativi. Al centro, invece, resta sempre la celebrazione dell’Eucaristica attorno alla quale la comunità cristiana è convocata per ascoltare la Parola e spezzare il Pane: la musica diviene un atto celebrativo condiviso e anche partecipativo. Perciò repertorio scelto cercherà di favorire anche la partecipazione attiva dell’assemblea: le acclamazioni e i ritornelli più facili e conosciuti potranno creare le condizioni per aiutare coloro che hanno buona volontà a prendere parte a questo atto celebrativo. Ci saranno anche spazi di ascolto per sottolineare alcuni momenti rituali dove il coro ha la possibilità di proporre brani pertinenti a quanto si celebra. Il tutto nel rispetto dei normali ritmi celebrativi.

Allora quale repertorio verrà proposto?

La proposta si concentra, per ora, su un repertorio contemporaneo, moderno, del nostro tempo, a dimostrazione che la musica sacra non si è fermata e non è morta. Nella solennità di Pasqua sentiremo brani dell’irlandese O’Carrol, dell’inglese Tambling in quello stile colto/moderno che prende le mosse dall’esperienza di John Rutter; ma anche i nostri italiani come Zardini e Bartolucci. E non mancherà un omaggio a Celestino Eccher. Ci sarà anche qualche accenno al gregoriano per la bellissima Sequenza, il Credo, l’antifona mariana Regina coeli…

Quale coro per cantare tutto questo?

Le file del coro parrocchiale, che da quarant’anni si impegna con abnegazione e vero senso di servizio ad animare le messe domenicali e festive, si allargheranno per accogliere alcuni allievi ed ex-allievi dell’Istituto Diocesano di Musica Sacra che condividono le motivazioni del progetto e si rendono disponibili a collaborare. Per gli strumenti ci saranno alcuni professionisti a suonare quattro violini, viola, violoncello e contrabbasso, oltre all’organo, naturalmente.

Quale il ruolo del Maestro di Cappella?

Deve riassumere molte competenze: non solo preparare e dirigere il coro, ma anche concertare con gli strumenti e prima ancora predisporre le orchestrazioni a seconda dell’organico a disposizione e redigere le parti per ciascun strumento. Per quasi tutti i brani questo è un lavoro preliminare che “costruisce” la partitura attorno all’armonizzazione per coro. Le introduzioni e le conclusioni strumentali che fanno da cornice devono essere “scritte” perché è materiale che nessuno ha mai composto: l’organista, se è bravo, può improvvisarle, ma quando si tratta di un ensemble strumentale, piccolo o grande che sia, anche tali parti vanno composte. C’è ancora molto artigianato musicale in tutto questo perché si prepara la partitura ad hoc, pensando alla compagine vocale e strumentale che sarà presente in celebrazione. Non manca, perciò, anche il ruolo di compositore, perché nel preparare una celebrazione, soprattutto se solenne, c’è bisogno di rispondere di fino alle esigenze espresse da un’acclamazione, da una risposta in canto, che spesso è necessario comporre ex-novo. Ma non mancheranno anche brani più corposi per proporre altri canti per la messa. Era così nel passato. Così anche oggi.

Quale portata assume questo progetto nel panorama della musica sacra in diocesi?

Si tratta di un progetto sperimentale che avrà bisogno di riproporsi con alcune altre varianti e poi essere sottoposto ad una seria verifica. Quando ne parlai con don Alberto Carotta ne era entusiasta perché vedeva uno sbocco e una direzione interessante e innovativa. Penso alle numerose scuole musicali distribuite nella nostra provincia che formano per molti anni gli strumentisti che poi non hanno alcuno sbocco non dico professionale ma nemmeno hobbistico. Potrebbe uscirne un progetto pilota da declinare in vario modo anche per coinvolgere nelle nostre parrocchie giovani musicisti e avvicinarli al mondo della Chiesa facendo intendere che abbiamo bisogno delle loro competenze per riportare arte e bellezza nelle nostre celebrazioni.