E’ iniziata ufficialmente il 7 settembre la visita pastorale dell’arcivescovo Lauro Tisi alla zona di Pergine, con una grande celebrazione unitaria e comunitaria nella chiesa della Natività di Maria. La Visita era iniziata nei giorni precedenti nei luoghi di maggiore fragilità del territorio: RSA, Maso San Pietro, Rems, sottolineando che l’attenzione a chi è più vulnerabile, a chi soffre e a chi è ai margini deve essere sempre prioritaria all’interno della comunità.
Il saluto di Martina, a nome delle comunità
“La Visita – ha ricordato Martina Dallafior nel suo saluto a nome di tutte le comunità del Perginese – si inserisce in un contesto di trasformazioni profonde per Pergine, in cui emergono alcune criticità significative: la solitudine crescente soprattutto degli anziani, le carenze abitative, la crisi delle piccole attività, ma al contempo si rivelano risorse, germogli importanti, la presenza di donne e uomini, che dedicano il loro tempo al servizio della comunità, così come la presenza di persone attente e generose verso chi è più fragile e svantaggiato”.
Dallafior elenca però anche sugli aspetti positivi: “La vivacità delle associazioni sociali, culturali e sportive, presenti numerose sul territorio, che favoriscono preziose opportunità di incontro e condivisione, le proposte educative per la formazione e la crescita delle nuove generazioni attraverso oratorio e scautismo che rappresentano i luoghi e gli strumenti della pastorale giovanile, l’impegno e l’entusiasmo dei giovani e la vocazione giovanile, in particolare quella di Federico, figlio di questa comunità, che sabato prossimo, con l’imposizione delle tue mani, verrà ordinato sacerdote e che domenica prossima in questa chiesa celebrerà la sua prima Messa”.
“Caro don Lauro – è l’auspicio accorato delle comunità alla luce di queste premesse -, ti accogliamo con cuore aperto e ti ringraziamo della tua presenza fra noi. Che questa visita sia l’occasione per rafforzare la comunione fra le nostre parrocchie e per costruire un futuro di speranza”.
“Qui mi sento a casa. Tocca a voi cristiani battezzati”
Dal canto suo il vescovo Lauro ha sottolineato di “sentirsi a casa” a Pergine, lodando la presenza di varie espressioni del territorio alla Messa di apertura, come cori e fedeli delle varie parrocchie: “Questo è il fuoco eucaristico, il convenire di cori da varie parti, il convenire di comunità diverse che insieme celebrano il risorto”.
“Oggi viviamo questa visita nel suo inizio in una provvidenziale coincidenza: a Roma un adolescente, Carlo Acutis, e un giovane, Pier Giorgio Frassati, vengono canonizzati. E un giovane di Borgo, Alfredo Dall’Oglio, adesso lo sappiamo, sarà beato il 13 dicembre a Parigi, vittima della furia nazista. E allora pensando a loro, abbiamo la direzione del futuro di queste comunità, come è stato evocato. Sarete soprattutto voi cristiani battezzati a dover piantare la tenda del Vangelo in questi territori. Ci affidiamo anche all’intercessione di questi laici che hanno testimoniato il Vangelo per segnare un prossimo che è già qui e vi chiederà una presenza e un’animazione del Vangelo. Se il Vangelo si salverà lo dovremo a voi”.
Ecco l’omelia del vescovo Lauro.
Non cercare il consenso degli altri
Una folla numerosa andava da Gesù. E cosa fa? Il maestro la affronta con parole di una durezza inaudita. Bellissimo Cristo, uomo libero dal consenso e dai like. Uomo che non hai bisogno di follower e di battimani. Bellissimo Cristo che vai per la tua strada, che annunci la tua parola senza far sconti a niente e a nessuno perché sai che la libertà donata dalla tua Parola è impagabile.
Che lezione per quest’ora della storia, dove i vari leader lavorano solo di like e di follower, non fanno altro che blandire le persone con i mezzi più sofisticati per tirare il consenso, guidarle e comandarle e fare il proprio interesse. Che lezione per tutti noi Chiesa, che in questo momento continuiamo a contarci e a far censimenti anziché avere la libertà di vivere il Vangelo e di lasciarlo in libera senza nessuna conta e nessun controllo. Che lezione per noi così bisognosi di essere accompagnati dal battimano, così bisognosi di sapere cosa pensa l’altro, così schiavi del giudizio dell’altro. Grande sei, Gesù di Nazareth, nella tua libertà. Grande perché ci ricordi che finché cercheremo il giudizio, il consenso in like degli altri, siamo nella debolezza. Far vivere la vita attorno al consenso è una debolezza mortale. Se per vivere ho bisogno del battimano, se per vivere ho bisogno dei like e dei follower, sono per terra perché non comando io la vita, ma me la comandano gli altri. A volte sorrido quando sento qualcuno dire “io decido, faccio, sono libero”. Spesso chi dice così in realtà è totalmente in mano agli altri, totalmente in mano alla cura per l’immagine, a vedere quello che gli altri pensano di lui. Quindi che bello iniziare oggi la visita pastorale con l’uomo libero Gesù Cristo, senza like e senza follower.
L’importanza della gratuità nell’amore e nelle relazioni
Ma adesso andiamo a vedere le tre provocazioni impressionanti che ci fa Gesù di Nazareth. “Se uno ama il padre e la madre più di me non è degno di me. A prima vista è
un’affermazione di un narcisismo impressionante. Sembrerebbe che il Maestro vuole tutti i riflettori su di lui. In realtà non c’è nessun narcisismo. Il maestro ci dice che è bello l’amore, dove si dona e si riceve gli affetti umani, avere attorno familiari, amici, persone che ti corrispondono. La storia degli affetti umani è bellissima. Ma se non immetti negli affetti umani una massiccia dose di gratuità, quel dare e ricevere dell’affetto può diventare tossicità e farti morire. Ecco cosa ci dice il Maestro con quell’affermazione: non vuol dire guardate a me, concentratevi su di me ,semplicemente dice venite da me che vi do l’elisir per disintossicare le vostre relazioni da quella logica commerciale del io ti do, tu mi dai e ti metto dentro l’elisir della libertà che è la gratuità, che è il dono dato in libera senza domandar nulla in cambio. Se vuoi che la tua relazione sia sana, immergila nella gratuità. È sotto gli occhi di tutti la tossicità di tante relazioni chiamate amore, che poi diventano tragedia del femminicidio, nelle strumentazioni, negli abusi di tutti i tipi. L’affetto è bellissimo, la corrispondenza dell’amore è interessantissima, ma bisogna immergerla nella gratuità, altrimenti non funziona. Ecco la provocazione: nemmeno amare il padre e la madre è naturale, può diventare una relazione tossicissima.“La croce è credere nell’amore”
Colui che non porta la propria croce non può essere mio discepolo. Libero subito il campo: qui la croce non sono i fastidi della vita, gli inconvenienti, le disavventure esistenziali. Queste anche se non le prendi ti arrivano, a chi tocca tocca. Ma la croce è Gesù Cristo nel suo compimento d’amore. Cosa vuol dire prendere la croce? Credi all’amore anche quando tutto direbbe di smettere di amare, investi nell’amore fino in fondo, non fermarti davanti a niente e nessuno perché non c’è alternativa all’amore. Questo è la croce. Credere all’amore, credere che il dialogo, il perdono, il dono di sé, la gratuità, l’amore che va fino alla fine non ha alternative, non ci sono alternative, va’ fino in fondo nell’amare. Che lezione per quest’ora della storia, dove un po’ tutti siamo tentati dal clima che viviamo di abdicare all’amore, di dar vita alle prove di forza. Che lezione per curare questo mondo che pensa di tirar fuori il futuro dai droni e dalle bombe. Che lezione, dopo ottant’anni dove non abbiamo imparato niente, dove pensiamo ancora che la libertà e la pace vengano dalla distruzione di intere città, che dalle bombe vien fuori la pace. Che distruzione veramente abbiamo davanti agli occhi. La Madre dà la vita, le bombe danno la morte. Oggi il Signore ti dice non lasciarti portar via la vita. Credi all’amore? Investi nell’amore.
E adesso vi do una grande consolazione. Io in questi primi due giorni ho visitato le Case di riposo, Maso San Pietro, la Rems e ho incontrato uomini che credono all’amore, dagli operatori agli ospiti. Ho incontrato gente assetata di amore che crede all’amore. Per fortuna il mondo è pieno di uomini che prendono la croce del restare nell’amore e impediscono al mondo di sprofondare. Sotto tutti i cieli ci sono gli uomini dell’amore.
Non lasciamoci rubare la vita
E infine l’ultima annotazione, quella dura, finale. Chi non rinuncia a tutti i suoi averi non può essere mio discepolo. Non lasciare che la tua vita venga definita dall’accumulo, dalle cose che hai e dalle cose che fai. Tu non sei né le cose che hai né le cose che fai. Tu non sei descritto dall’accumulo. Tornino i volti ad essere il tuo tesoro. Investi nei volti e vivrai. Liberati dall’ossessione di pensare che da un conto economico, da un’immagine che si accredita come vincente, da una professionalità esibita, ti viene la gioia: la tua identità viene dai volti, viene dagli abbracci, dai sorrisi. Tu sei molto di più delle cose che fai. Tu sei incanto, sei tenerezza, sei capace di liberare gratuità. Uomo sei grande, non lasciarti immiserire dalle cose, non rinchiudere nelle cose la tua vita. Tu sei incanto, e ve lo dico visto che conosco tanti di voi. Voi siete un incanto, è un incanto chi in questo momento sta preparando il pranzo, è un incanto chi lavora nell’oratorio, è un incanto i nostri padri francescani che vivono tanta accoglienza. È un incanto un prete di 26 anni che decide di vivere per il Vangelo. C‘è un sacco di incanto: non lasciamoci rubare la vita, noi non siamo le cose, siamo molto di più. Ti serve un sorriso, una stretta di mano, un po’ di gratuità, abbracci liberi e non soffocanti. Ti serve la gioia dell’amore.
Rivedi la diretta della messa.