Cammino sinodale, anche i sindaci si interrogano sulla Chiesa. Otto primi cittadini “rispondono” a Vita Trentina

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Per uno di loro  la parola Chiesa fa pensare semplicemente all’edificio, “luogo di architettura e di spiritualità”, per un altro è una “casa accogliente”, per un altro ancora una vera Comunità, con le spalle solide ma con le scarpe sciupate dal camminare tra la gente. Non sono cittadini qualunque quelli invitati ad esprimere la loro esperienza di Chiesa: sono addirittura i primi cittadini, i sindaci che da sempre sono interpreti e anche osservatori della loro comunità.

Le domande di Vita Trentina 

Il settimanale Vita Trentina ha chiesto ad una decina di loro di rispondere alla duplice domanda del Cammino sinodale e, durante i giorni della Pasqua, sono arrivate a stretto giro di mail ben otto risposte, nelle quali emerge sorprendentemente anche la disponibilità a “raccontarsi” in modo esperienziale, secondo la modalità suggerita dal Cammino sinodale. Lo spazio di poche battute a disposizione (non più di 1800 caratteri)  non ha frenato la possibilità di avere contributi originali e significativi, con cui interloquire: tanto che altri sindaci sono intervenuti  (e altri possono intervenire) nelle prossime puntate.

“Necessaria collaborazione tra comunità religiosa e civile”  

La sintesi conferma come la comunità credente, anche se in forme nuove, condivida le attese e spesso anche le debolezze della comunità civile. Viene inoltre sottolineata l’importanza di una collaborazione reciproca che oggi s’impone – in tempi di pandemia e difficile ripresa – come un’esigenza inevitabile.

“Gli attori della comunità religiosa – scrive un sindaco –  stimolano la partecipazione dei cittadini credenti, anche attraverso i consigli pastorali o attività varie. La partecipazione alla vita ecclesiale forma eticamente e moralmente la persona, ragion per cui è fondamentale il coinvolgimento delle nuove generazioni nelle forme più diverse e per loro attrattive, dalla catechesi ai gruppi di aiuto reciproco. Oggi più che mai è necessario attivare forme di collaborazione tra comunità civile e religiosa in modo da essere attrezzati nelle varie situazioni”.

“Nel quotidiano difficile avviare cammini condivisi”  

Replica un altro sindaco: “Sono tempi difficili per vivere nella consapevolezza del valore della collettività. È difficile lavorare insieme, trovare percorsi condivisi e partecipati, uscire dal proprio guscio e allargare sempre lo sguardo oltre il proprio interesse. Mi sembra che la comunità credente viva le stesse difficoltà di quella civile. La vedo nei momenti di festa e gioia (celebrazioni dei sacramenti, anniversari….) e in quelli tristi (lutti, difficoltà…), ma nel quotidiano, nel concreto, non mi accorgo della sua presenza nemmeno come interlocutrice per avviare cammini condivisi”. Punti di vista anche divergenti, comunque propositivi per un Cammino che è appena iniziato. (da)

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