A tu per tu con la fragilità. Anche la mia

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Nel mese di luglio ho avuto la possibilità di soggiornare all’O.p.s.a (Opera Provvidenza s. Antonio), una casa di fondazione diocesana che accoglie persone con gravi disabilità intellettive e fisiche, inaugurata dal Vescovo Girolamo Bordignon nel 1993, ma in opera già dai primi anni ‘60.

Se dovessi pensare a un’immagine che mi ha accompagnato durante le settimane passate sarebbe la pioggia: credo che sia l’immagine adatta, a volte è improvvisa e impetuosa, a volte leggera e rinfrescante, desiderata, odiata, benedetta e maledetta.

Ricordo il primo giorno di servizio, è stato molto spaesante e difficile, in primis capire dov’ero, poi relazionarsi con alcuni ospiti, soprattutto con quelli eccessivamente agitati, o eccessivamente calmi, da un momento all’altra potevano gridare, scappare, sputare fare qualcosa che non era sotto il mio controllo. Ricordo alcune sensazioni che mi sono rimaste molto impresse e che sono cambiate e cresciute: il fatto di sentirmi l’angelo della misericordia venuto ad aiutare e donare il mio tempo a persone che hanno più bisogno, una sorta di disparità tra me e loro – io sono sano, io posso e devo aiutarli e devo farlo al meglio, nella maniera più efficiente. Pian piano, grazie soprattutto a loro, ho imparato che l’importante non è il “cosa” si fa ma il “come” lo si fa: parafrasando Teresa di Lisieux, ciò che conta è il quanto amore ci metti a compiere anche l’azione più piccola e insignificante. Questo è stato un primo passo di conversione, un mettersi alla pari, amare, odiare, ridere e scherzare alla pari. Una conversione che ha avuto inizio con il linguaggio: non c’è nessun “poverino”! Ho in mente molte marachelle che combinavano gli ospiti, penso a Francesco che fingeva di scappare solo perché sapeva che io all’inizio lo rincorrevo sempre, o al caro Marco, che fingeva di essere imbronciato se dopo un po’ lo ignoravo… ero io il “poverino”, che non capiva e che si poneva nel modo scorretto. Ho imparato che anche con loro ci si arrabbia, e si è anche duri – non sono angeli, sono persone, che danno il massimo per come possono, sia in positivo che in negativo. Un secondo passo è la fragilità: la cosa divertente è che la loro è manifesta, mentre la mia no, è ben nascosta e cementificata da una fortezza che sembra impenetrabile. Ricordo il momento esatto in cui Gabriele con una frase ha fatto cadere il muro: “Ma Gianluca, a te chi ti lava? Sai, io i denti me li lavo da solo!”. Quel pomeriggio mi sono lavato con una consapevolezza diversa. Piano piano erano loro a istruirmi, erano loro ad aiutarmi e a mostrarmi che le fragilità bisogna vederle, chiamarle per nome, dialogarci, scherzare con esse, conoscerle… questo ci permette di conoscerci e amarci esattamente per quello che siamo, uomini e donne che hanno bisogno di amare ed essere amanti, in primis amandoci, volendo bene anche alle parti di noi più ben nascoste nelle camere che sembrano chiuse, ma che grazie agli altri possiamo aprire. Ho in mente tantissimi episodi, troppi, e troppo belli e forti, ma questo piccolo scritto non li può contenere tutti: auguro a voi che leggete di poter vivere un’esperienza come la mia, a tu per tu con l’altro e con te stesso.

Un’altra cosa che ho sperimentato, molto forte, è la provvidenza e la preghiera: il modo in cui gli ospiti pregavano e curavano l’adorazione, il rosario e la messa era impressionante, avevo la sensazione che preghiera e vita si impastassero, quasi che l’una non potesse vivere senza il sostegno dall’altra. Si sentiva proprio che il cuore pulsante dell’Opsa risiede in quel piccolo tabernacolo.

Vorrei tanto ringraziare tutte le persone che ho incontrato quelle settimane, nello specifico gli ospiti del reparto “primo s. Giovanni XXIII”, a cui ero affidato: Lorenza (per la sua testimonianza e la sua pazienza), don Roberto, Luciana (una mamma super con un sorriso straordinario), i ragazzi del P.C.T.O., i volontari giovanissimi e i veterani, che ho incontrato e con cui ho condiviso risate e giornate molto belle, ricche di bellissimi ricordi. Grazie a tutti! Grazie O.p.s.a., spero di rivederci e abbracciarci presto!

Gianluca Panizza