“Dentro ogni uomo c’è un grido: essere visti, essere accolti, essere guardati. Tutta la vita è una ricerca di qualcuno che ci dica ‘ci sono’. Nel Padre Nostro, Gesù ci dice che quel Qualcuno c’è”. Sono le parole rassicuranti risuonate nella chiesa del Seminario diocesano di Trento giovedì 27 novembre, nel nuovo appuntamento mensile con “Passi di Vangelo“, il percorso dedicato ai giovani e guidato dall’arcivescovo mons. Lauro Tisi, quest’anno accompagnato dal Vangelo secondo Matteo.
Al centro della serata – seguita anche in streaming e animata dal coro di Lavis – il tema della preghiera, interrogativo antico e sempre attuale: cosa significa pregare? Come si prega?
A ispirare la riflessione è stato il brano di Matteo 6,9-13, il testo che consegna alla comunità cristiana la preghiera del Padre Nostro, spesso imparata da bambini e rischiosamente “scontata”, come ricordato nell’introduzione.
“Tutti pregano. Anche gli atei”
La meditazione dell’arcivescovo ha preso avvio da un’affermazione sorprendente: “Contrariamente a quanto si pensa, tutti pregano. Anche gli atei.”
Secondo Tisi, la preghiera appartiene all’essere umano prima ancora della fede, prima ancora dell’uso della ragione. “Nel grembo materno – ha spiegato – si percepisce già se si è accolti o rifiutati. E quando veniamo al mondo lanciamo un grido che cerca qualcuno. All’ultimo respiro, cerchiamo ancora una mano, un volto”.
La preghiera, dunque, come dinamica innata: paura, stupore, desiderio di essere compresi, speranza di trovare qualcuno. “Siamo cercatori instancabili di volti e di incontri – ha aggiunto Tisi – e questo è pregare”.
L’“Abbà” di Gesù: una rivoluzione ancora poco capita
Entrando nel cuore del Padre Nostro, Tisi ha sottolineato la novità assoluta portata da Gesù: chiamare Dio “Abbà”. Non semplicemente “Padre”, ma la parola affettuosa, intima, intraducibile, con cui un figlio si rivolge al proprio papà. Una scelta che – ha ricordato – fu ritenuta scandalosa dai suoi contemporanei: “Nessuna religione, neppure quella ebraica, osava chiamare Dio in questo modo. Gesù sì, e per questo è stato condannato”.
Ma l’“Abbà” non va confuso con il padre terreno: “Dobbiamo dirlo con chiarezza: l’“Abbà” di Gesù non è la riedizione del nostro papà. Ogni padre e ogni madre sono importantissimi, ma nessuno è completamente libero da zone d’ombra. L’“Abbà” di Gesù è altro. Lo capiamo guardando la vita di Gesù: è il Padre che perdona il nemico, che lava i piedi, che abbraccia chi sbaglia. Chi vede me, vede il Padre”.
Un’immagine che, ha ammesso don Lauro, può mettere i brividi. “Perché se Dio è Padre di tutti, allora io dovrei diventarlo un po’ anch’io nelle relazioni: a maglia larga, non a maglia stretta”.
“Sia santificato il tuo nome”: lasciare che Dio pianti la sua tenda
Proseguendo nella spiegazione della preghiera, Tisi ha sfatato un altro luogo comune: “Sia santificato il tuo nome non significa ‘sia lodato’. È qualcosa di più grande: significa chiedere che il modo di vivere dell’Abbà diventi il modo di vivere degli uomini“. Non siamo noi a rendere santo il nome di Dio: “Siamo noi a chiedere che Lui pianti la sua tenda tra noi. La gratuità, il perdono, l’abbraccio ai nemici: chiediamo che sia Dio a farli decollare nella storia”.
Da qui una critica schietta: “La preghiera non è dare ordini a Dio. Purtroppo molte ‘preghiere dei fedeli’ sembrano liste di comandi: ‘fa’ questo, fa’ quello…’. La logica di Gesù è l’opposto: non istruiamo Dio, lasciamo che sia lui a istruirci”.
L’Arcivescovo ha approfondito poi le altre invocazioni. “Venga il tuo Regno”: “Vuol dire: fa’ che il tuo stile diventi il nostro. Che il mondo impari la gratuità. Che la logica del ‘prima io’ – salva te stesso! – lasci spazio alla logica evangelica”. “Sia fatta la tua volontà”, una frase spesso fraintesa: “Non è obbedire a ordini dall’alto. La volontà di Dio è una sola: che decolli il perdono e la gratuità. È la cosa più bella che ci possa capitare, ma richiede una lotta interiore per liberarci dal nostro istinto di auto-conservazione”.
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: non solo pane materiale; “è la richiesta di essere liberati dall’ossessione dell’accumulo. L’accumulo ci toglie il respiro. Il pane quotidiano è fiducia, è relazione, non è collezionare sicurezze”.
“Rimetti a noi i nostri debiti”: la libertà di camminare
L’Arcivescovo si è poi soffermato sulla richiesta del perdono: “È l’ammissione nuda e cruda della nostra fatica: facciamo fatica ad amare gratuitamente, facciamo fatica a perdonare. E Dio risponde: non importa se fai fatica, prova. Cammina. Non ci chiede perfezione, ci chiede movimento”.
Il Padre Nostro, ha osservato, non è una filastrocca: “È una domanda semplice ma decisiva: ti interessa vivere come Gesù? Ti interessa un Abbà che abbraccia il nemico? Ti interessa uscire dalla logica dell’accumulo? Se ti interessa, tutto questo è possibile. L’Abbà è pronto a piantare la sua tenda nella tua vita”.
La preghiera: un grido che trova finalmente risposta
La meditazione si è chiusa con una sintesi di grande forza: “Dentro ogni uomo c’è un grido: essere visti, essere accolti, essere guardati. Tutta la vita è una ricerca di qualcuno che ci dica ‘ci sono’. Nel Padre nostro, Gesù ci dice che quel Qualcuno c’è: un Abbà che accompagna, libera, rialza e non stanca mai di ricominciare”.
L’incontro è poi proseguito con un tempo di ascolto e silenzio nell’adorazione eucaristica e con la possibilità della Confessione personale.





