Grande partecipazione delle comunità del Bleggio e delle Giudicarie Esteriori al pellegrinaggio della Santa Croce taumaturgica, portata sul Monte San Martino, alla Guarda, domenica 14 settembre, nel giorno dedicato all’esaltazione della Santa Croce.
Una tradizione secolare, legata agli Anni Santi o a memorie di grazie e protezione nei momenti difficili della storia locale, che anche in quest’anno giubilare della speranza ha visto l’afflusso di numerosi fedeli, riuniti fin dalle prime ore del mattino.
Il cammino e la celebrazione
La processione è partita all’alba dalla chiesa di Santa Croce del Bleggio, con la Via Crucis lungo il percorso verso la cima. Alle 8.30, presso il monumento alla Guarda, si è celebrata la Santa Messa solenne presieduta dall’arcivescovo di Trento, Lauro Tisi, concelebrata da diversi preti della zona e accompagnata dalla musica della banda intercomunale del Bleggio. Dopo la Messa, la Croce è stata portata in processione fino a Campian e poi nuovamente alla pieve di Santa Croce per la celebrazione dei Vespri.
L’omelia: la forza della croce è l’amore che resiste all’odio
Nella sua omelia, mons. Tisi si è soffermato sul significato della croce come unica speranza, non per il legno che rappresenta la sofferenza, ma per il modo in cui Cristo ha vissuto la morte. «Quell’uomo, anziché liberare l’odio, anziché imprecare, anziché sprofondare nella disperazione, decide di impedire all’odio di entrare nel suo cuore… abbraccia e perdona il nemico». Da quel gesto, ha ricordato l’Arcivescovo, è nato un movimento silenzioso e potente che ancora oggi resiste: uomini e donne che non cedono alla violenza, che scelgono la mitezza, il perdono e l’amore come unica vera forza capace di cambiare il mondo.
“O amare o morire”
L’Arcivescovo ha parlato della bellezza dell’essere umano quando si prende cura degli altri, quando resiste al dolore senza lasciarsi piegare, quando non cede alla vendetta ma risponde con misericordia. «Un uomo e una donna sono belli quando, come Gesù Cristo, non hanno nemici», ha detto Tisi, indicando il perdono come via di libertà e pienezza. Con parole forti, ha lanciato un appello: «Non c’è alternativa: o amare o morire. Non c’è alternativa: o incontrare o dissolversi. Amare l’altro non è un dovere morale, è questione di vita o di morte. Incontrare l’altro è il nostro ossigeno». Un invito che, davanti alla croce così legata alla storia della comunità giudicariese, si è trasformato in incoraggiamento e speranza: «Coraggio, i droni passeranno, non passerà l’amore. Le armi distruggeranno, ma non riusciranno a piegare la bellezza di tanti uomini e donne resilienti, che decidendo di amare salvano il mondo».
Una tradizione che continua a parlare al presente
Il pellegrinaggio, nato come gesto di invocazione nei tempi di carestie, guerre e calamità, si conferma così anche oggi segno di unità, memoria e fede condivisa, capace di coniugare radici e attualità. Non solo ricordo di miracoli passati, ma impegno a vivere ogni giorno la “taumaturgia” dell’amore che non si arrende all’odio.
FOTOGALLERY per gentile concessione di Giorgio Berasi – Gruppo Fotografico Image




