Il bene che si fa rende felici

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Dallo scorso ottobre il vescovo Renato ha scelto, per il servizio pastorale che ogni seminarista inizia dal secondo anno, di affidarmi a don Luciano e don Alvise che curano le parrocchie di Sospirolo, Gron e Mas-Peron. In questi primi mesi, ho potuto partecipare a molte attività proposte da e tramite le parrocchie, che da qualche tempo collaborano assieme, e tra esse la visita agli anziani.

Da alcuni anni ormai, il gruppo che si occupava di questo servizio si è rinnovato e rinforzato e soprattutto è stato ufficializzato: non si tratta quindi di singoli volontari che vanno a trovare alcuni anziani di propria conoscenza, ma è la Comunità che entra nelle case di chi non riesce più a venire in chiesa, per mezzo della disponibilità delle ministre straordinarie della comunione.

Il venerdì mattina il gruppo delle ministre si raduna in chiesa a Gron, la centrale tra le parrocchie e dopo una preghiera, si divide in gruppetti più piccoli da due o tre persone per raggiungere nella stessa mattinata più persone possibili, in modo che in circa due mesi si riesca a fare il giro di tutti gli anziani delle parrocchie. La primissima visita in una casa viene fatta col parroco, ma poi anche lui gira con le ministre, anche perché alcuni chiedono l’unzione degli infermi o la benedizione della casa. Per riuscire a non dimenticare nessuno è stata stilata una lista, che muta in continuazione, sia perché qualcuno viene a mancare, sia perché il passaparola riesce a portare questa iniziativa agli orecchi di altre persone che desiderano ricevere una visita. Non tutti chiedono la comunione, non tutti hanno sempre piacere di recitare una preghiera, ma a tutti viene portato un grande dono.

Molte persone vivono sole in casa, fanno fatica a muoversi e spesso purtroppo non vedono mai nessuno, quindi, ricevere una visita è forse la cosa che desiderano di più. Ciò che appare evidente è la voglia di raccontare, di incontrare qualcuno che sia disposto a spendere del tempo con loro per ascoltarli e portare qualche novità, per restare aggiornati sulla vita della propria comunità. Chi fa loro visita racconta che è una grande gioia sentirli condividere le proprie storie, perché sono ricche di un’emozione contagiosa, trasmessa anche da gesti e da come i loro occhi si illuminano. C’è chi, infatti, è costretto a letto per la sua salute, ma nell’udire e raccontare alcuni fatti del passato, anche pochi giorni prima di lasciare questo mondo, ha ritrovato una felicità inaspettata.

Non si hanno sempre le parole giuste, soprattutto davanti a quelle malattie che giorno dopo giorno divorano le persone a noi care, o che ci ricordano qualcuno a cui eravamo molto affezionati. Ma non è questo che viene richiesto. Non sono forse i momenti più adatti per grandi discorsi, ma a volte si arriva al punto in cui non si può far altro che tenere per mano una vita che pian piano ci sta lasciando, e per quanto possa sembrare assurdo, questo dà una carica di fede incredibile.

Una testimonianza forte è di un’anziana di 96 anni che ha detto: «non sono più capace di pregare, confondo il Padre Nostro con l’Ave Maria, allora mi abbandono a Dio e gli dico: «Signor, rencureme!» (Recuperami). Chi l’ha ascoltata porta ancora nel cuore questa preghiera semplice ma forte, breve ma dal significato molto profondo, detta in dialetto, come la più amorevole delle frasi che si sciolgono in famiglia, come quando ci si rivolge al proprio padre o alla propria madre.

Da queste visite nasce un rapporto, un’amicizia che diventa fonte di vita tra gli anziani e le signore che vanno a trovarli, tanto che a volte sono le ministre stesse a ricevere delle loro telefonate, sentendosi ricambiate delle attenzioni che hanno saputo donare, come quella di ricordare i loro compleanni. Così si conclude la mattinata del venerdì, di nuovo in chiesa, dove le ministre si aspettano per condividere e trasformare in preghiera il tesoro chehanno ricevuto e che ha movimentato il loro sentirsi Chiesa.

Andrea Nicolao

In foto: Lucia, Anna, Paola, Anna, Mirella, Liviana e Caterina.