Dono, passione, credere, vivere

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“Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunciatore: credi sempre a ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni”.
Recita così la preghiera del Vescovo mentre consegna il Vangelo al nuovo diacono: queste parole riecheggiavano nella chiesa di Santa Maria Maggiore l’8 dicembre dove, come Chiesa, ci siamo radunati per accompagnare Alberto in questa tappa importante della sua vita, come nuovo diacono del Corpo di Cristo che è la Chiesa (cf. Col 1,18). Penso siano molto belle e significative queste parole che possono diventare anche per noi motivo di riflessione e di stimolo e che vorrei riassumere in queste altre quattro parole: dono, passione, credere e vivere.
La prima, il dono. Innanzitutto, il Vangelo ci è dato come dono prezioso, gratuito come buona notizia che si fa concreta nelle persone più fragili e povere. È proprio davanti a queste persone che dobbiamo farci appassionare nel testimoniare l’annuncio: ecco la secondo parola, passione. La passione è quella sensazione che stimola, aiuta, incoraggia le nostre azioni e che ci permette di essere credibili nel rendere presente l’Amore vero, quello che sana, che fortifica, che riempie i nostri vuoti e il nostro cuore.
Se tutto questo però non è mosso dal credere, terza parola, in un Dio fatto uomo, morto e risorto per liberarci dalla schiavitù della morte, la nostra esistenza sarebbe insapore, senza motivo. Arriviamo così all’ultima parola che è proprio vivere. Tutti questi concetti non devono rimanere pura astrazione, ma concretizzarsi nel quotidiano, dove manifestiamo quello che siamo realmente.
Lo scrittore Omar Falworth scrive che “ciò che rende meravigliosa la vita è meravigliarsi ogni giorno di vivere.”
Alberto, stupisciti e incantati di questo Dio che ama la tua umanità, la tua vita, quello che sei e, se ti lascerai plasmare dallo Spirito che dà vita, allora “sentirai l’ebbrezza dell’Amore del Padre, imparerai la bellezza di relazioni dove l’obiettivo è far esistere e lasciar esistere, gioire per il bene dell’altro, e addirittura gustare la bellezza del suo essere diverso da me” (omelia del Vescovo Lauro).

Bryan Fedon