Invocazione a Pentecoste: “Spirito di comunione e creatività”

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Veglia di Pentecoste in cattedrale

Chiediamo il dono dello Spirito Santo per la nostra Chiesa affinché renda possibile il profondo rinnovamento di cui sentiamo l’esigenza sul terreno della comunione, e spazzando via ogni paura, ci aiuti a liberare la creatività, donandoci l’audacia degli apostoli nell’annunciare il Vangelo di Cristo“.

Così l’arcivescovo Lauro ha accolto l’assemblea riunita per la veglia di Pentecoste, animata dal coro della cattedrale, dai seminaristi e dalla Consulta diocesana delle aggregazioni laicali, celebrata sabato 19 maggio in Duomo, a Trento. “La lettura della parola di Dio ci invita, in questa sera, a guardare la storia della nostra Chiesa e a fare un’analisi del nostro stato – ha esordito il vescovo Tisi -: il testo della Genesi parla di uomini impegnati con malta e mattoni e ci mette in guardia dall’attardarci in operazioni senz’anima, portate avanti come se fossimo pagani, senza renderci conto che abbiamo perso il legame con Gesù risorto. Dobbiamo essere molto sinceri: la comunione è una tattica che usiamo per realizzare i nostri interessi, e l’appello alla comunione ha l’obiettivo sotterraneo di ottenere potere“.

Ecco allora l’invocazione allo Spirito affinché scardini le resistenze all’autentica comunione e renda consapevoli che è un dono: “L’abito del cristiano è la comunione: non è un’opzione, al di fuori di essa non c’è alcuna esperienza possibile di Dio“. Ma siamo un popolo senza memoria, frettoloso e vanitoso: “Ricordati di ciò che ho fatto per te, dice il Signore, ma noi dimentichiamo di portarlo e custodirlo nel cuore come unico tesoro. Dimentichiamo che il Signore ci fa rivivere attraverso lo Spirito, capace di risvegliare anche ossa aride: chiediamo il dono di profeti e testimoni convinti che egli può ridare slancio alla nostra Chiesa, aiutandoci a non fare l’errore dei discepoli che scambiarono Gesù risorto con un fantasma“.

Ci sono uomini e donne che pregano in silenzio, asciugano lacrime, si dedicano al servizio degli altri: “Quando mi vengono in mente i loro volti, sento la speranza rinascere e su di essa poggio il presente e il futuro della Chiesa: chiediamo il dono di incontrare questi testimoni e di imitarli“.

Se la creazione vive il travaglio delle doglie, attraverso questo passaggio doloroso che conduce al parto essa va in direzione del compimento, e l’arcivescovo ha chiesto umilmente la forza di credere nell’esistenza di un grembo che genera vita, citando in conclusione a commento della pagina evangelica il “chi ha sete venga a me e beva” del cardinal Martini, rivolgendosi infine al Risorto: “Fa che ascoltiamo il tuo grido, piega il nostro orgoglio, regalaci il tuo Spirito“. (Patrizia Niccolini)