“San Romedio, festa del silenzio e dell’interiorità, per scoprirci chiamati all’incontro e amati da Dio”

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Celebrata la ricorrenza del popolare santo con la fiaccolata e la s. Messa con il vescovo Lauro

Grande partecipazione, martedì 15 gennaio, alla festa di San Romedio, nel santuario a lui dedicato. Nel cuore della religiosità popolare della val di Non, che attrae fedeli da ogni angolo del Trentino ma anche da fuori confine, almeno 1500 persone hanno camminato in pellegrinaggio già la sera precedente partendo da Sanzeno, scandendo i passi verso la gola del santuario fra silenzio, preghiera e meditazioni.

“Sempre più numerosi in cammino fin qui”, sottolinea padre Giorgio Silvestri, parroco di Sanzeno, ricordando che “il fenomeno San Romedio cresce ogni anno. Ne è prova – aggiunge – anche il fatto che in un anno sono stati compilati dai fedeli ben 50mila foglietti con le intenzioni di preghiera all’eremita”. La Messa solenne nel giorno della festa (alle ore 11, le altre alle 8 e alle 16), è stata presieduta dall’arcivescovo Lauro e concelebrata anche da padre Giovanni Voltan, provinciale dei frati minori conventuali del nord italia. Ad animare la liturgia, quest’anno, il coro di Tassullo che ha fatto risuonare – intonando in apertura il non usuale inno a San Romedio – le volte dell’antica chiesa arroccata nella parte più alta del santuario. 

“Questa festa sia per tutti l’occasione – ha esordito don Lauro – per sentire che la vita è pellegrinaggio, non un copione concluso ma uno spartito aperto su cui continuare a scrivere. La caratteristica dell’uomo è camminare e il traguardo dell’uomo è continuare a camminare”. Nell’omelia, Tisi si sofferma sul dramma della solitudine: “Impressiona pensare che nell’era della connessione h24, della banda larga, gli uomini e le donne che abitano la terra ci dicono che la vera emergenza è la solitudine”. La risposta, secondo l’Arcivescovo, è nella testimonianza di Romedio, “che ha fatto dell’abitare la solitudine la sua esistenza”. “C’è infatti una solitudine amara e triste, la mancanza di incontro, che porta ai drammi e la solitudine buona, che è la capacità di dialogare con i propri desideri e le proprie profondità. Ecco la provocazione di Romedio: tornare a frequentare il nostro il profondo, dove abita il Dio dell’Abba Padre. Se abitiamo l’interiorità siamo chiamati all’incontro perché Il nostro essere uomini ci costituisce come chiamati all’incontro. Ci serve però frequentare il silenzio, non come impegno religioso, ma come dato di umanizzazione, camera di decompressione dove stacchiamo la connessione e diamo conto alla chiamata all’incontro. Cristo ti dice osa, rischia, renditi vulnerabile. Metti in gioco le tue energie! Perché il Padre ti ama irrevocabilmente. E tu vivi nella misura in cui ami. San Romedio rivelaci che il Padre ci ama e amare è passare dalla morte alla vita. Chiediamo a Gesù che in quest’ora così segnata dall’arroganza, dalla competizione, possiamo capire che la vera potenza è trattare gli altri da eguali”. “Le vostre angosce e le vostre sofferenze – ha concluso il vescovo Lauro rivolgendosi a quanti sono saliti al santuario – sono abitate dal Dio dell’amore!”. 

Al termine della s. Messa, la tradizionale distribuzione del frugale pasto del pellegrino a base di trippe. Quest’anno gli alpini volontari ne hanno cucinato ben duececento chili.

coro di Tassullo

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